c'è una morte nell'età della ragione
che insegna al bambino sé stesso.
morte soprattutto di visioni
sebbene la visione pura nulla abbia a che fare coi costrutti del ragionamento.
dunque diventare uomini vuol dire morire nel principio di non contraddizione?
creare nuove certezze frenando
quell'occhio puro che tutto può credere e tutto può vedere?
la luce è luce o il suo esatto contrario? o può essere entrambe le cose?
bene, io sto imparando a disimparare
e il mio occhio non ha regole
in questa luce di visioni assolute che molti chiamano follia.
io so dell'uomo la malattia dei numeri
e degli Dei del Cosmo le contraddizioni
che vivono nella bocca del poeta quando dal nucleo egli estrapola la pluralità.
che Nietzsche fosse tutti gli uomini della terra
è senz'altro vero
perché non vi è più identità
nell'occhio puro che non ha bisogno di stratificare
ma vede la realtà nel suo insieme.
cosa siamo noi? una mente? qualche tessuto? miliardi di cellule? sangue? organi? ossa?
siamo quelli di cinque anni fa o quelli di adesso?
e provando compassione, non diventiamo noi l'oggetto di quella stessa compassione?
i gemelli siamesi quanti sono? due? uno?
e chi può accertare la validità della ragione
-che fa del principio di non contraddizione, appunto, la sua fonte primaria-
se essa non è altro che un insieme di regole posticce
nate con la nascita della civiltà?
i panteisti vedono Dio in tutte le cose
ma forse sarebbe meglio dire che tutte le cose sono Dio
e che quella pietra, là fuori, dunque, è Dio e quell'albero è anche Dio
e anche il mio culo è Dio, e il mio culo seduto su questa sedia è questa sedia stessa.
la ragione vira verso la scissione dell'Uno nella pluralità
creando così un Universo di frammenti
ma niente è qualcosa se non in funzione del resto
e tutto trasformandosi resta sempre identico a se stesso
nella sua primigenia Unità.