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Pensando Sartre

sentire questo mozzarsi
del dolore capitolando nel buco
dove non vi è catarsi
e la tragedia non è
più tragedia caduco
ripetere sempre
la stessa posa
sempre ripetendo
nel buco la storia lenta mafiosa
del mondo che scompare
nell'agguato conato
questo mio smarrirmi
lento morendo vivendo
lo sbadiglio la demuscazione
i miei semi germinando
poi non germinando più
sotto l'abisso è un'apatia
infinita la tocco con le dita
quando il mare del mio cervello
è una piscinetta senz'onde
le sponde mi conducono alla morte
dove il nulla che questo sogno ha generato
è un collirio sui miei occhi la sete che non se ne va

 

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1 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • Walter Tresoldi il 09/02/2017 11:08
    Pare sempre di ripetere la stessa cosa in questo buco dove non vi è catarsi: mi sento di condividere questa sensazione, specie
    quando anche il mio cervello è una piscinetta senz'onde.
    E la sete non se va, non se ne deve andare, non se ne può andare.
    Bella poesia.

1 commenti:

  • Gianni Spadavecchia il 08/02/2017 09:23
    Ma che chiusa è? Bella, bella, bella.
    Poesia forte, intensa, che prende.
    Ma la chiusa è il tocco in più.

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