Corrono i pensieri come un fiume in piena
che lungo il suo letto ci trascina e scuote
insieme ai suoi enigmi.
Balzano e rimbalzano senza sosta
contro le incerte sponde.
Mentre la ragione, fragile zattera, si affanna
a guadagnar l'estuario.
Il tempo corre e si deforma,
e nell'avvolgere se stesso
travolge gli argini di questa precaria civiltà,
mentre il magmatico flusso straripa
e inonda i campi della mente.
Così ragione e sentimento
soccombono sotto i colpi
del barbaro linguaggio di una pancia pingue e ottusa,
mentre attorno tutto degrada al ritmo di un frenetico quickstep.
E non basteranno transumane alchimie,
né macchine intelligenti a compensarlo.
Non c'è progresso né futuro senza respiro umano.
Nascono senza pensiero i pensieri oggi
e si fanno parole di rabbia e di menzogna,
senza regole, rispetto e dignità.
La lingua degenera in conflitto permanente,
specchio dei nostri insani tempi,
e nell'inesorabile disfarsi azzera ogni conquista
e inverte il moto della storia.
Già risuonano lontano i vagiti della civiltà
quando ci stupivamo per il nascere del sole
e la magia delle stelle.
Fissavamo immagini e pensieri nella pietra.
E per dire amore non c'era musica né poesia,
solo muti sguardi e ruvide carezze.
Il tempo corre e si deforma
e nell'avvolgere se stesso
porta indietro le lancette del nostro inutile cammino.
Indietro.
Sempre più indietro.
Fino alla mano che inconsapevole
stimolò il cervello ozioso a concepir la ruota.
A forgiare la parola perché desse voce all'avventura umana.
Sempre più indietro.
Fino a rovinar giù in fondo, nel buio della notte,
quando selvaggi stentavamo ad articolare suono
in quel tormentato scenario senza pace.
Sempre più indietro.
Fino ai confini del brodo primordiale,
quando gelido era il sangue
e noi non eravamo che inconsapevoli serpenti.