Padre... quale padre?
Padre celeste, Padre nostro,
Pater familiae o... mio padre?
Ti ho visto solo quattro volte nella mia vita.
Ma una volta hai scritto,
a ma diciannovenne, chiedendo e
non ottenendo il mio amore di figlia.
Così, con dure parole luttuose di rabbia,
hai maledetto me e la mia progenie.
Ho lottato, volevo riuscire ad amarti
perchè sapevo di avere il tuo sangue.
Ho lottato per impormi di perdonarti,
uomo errante senza nessun ritorno a casa.
Perdono, grande, immane parola,
troppo corta per contenere il suo significato.
Perdono perchè, per cosa, per chi?
Tu dovevi chiedermi perdono
quando ero bimba
quando ero adolescente
quando ero grande
quando avevo bisogno di te e tu non c'eri.
Ti sei presentato quando avevo la pancia grossa,
all'ottavo mese di gravidanza.
Ma prima non sapevi dove ero, chi ero, cosa facevo.
Oh Dio... perchè anche questo dolore!
Il tempo è passato, il telefono ha gracchiato:
" Tuo padre è morto. "
Centinaia e centinaia di chilometri ci dividevano.
Molti di più ci hanno sempre separati.
La mia anima ha sentito un fremito,
un desiderio, un bisogno:
devo andare al suo ultimo viaggio.
Odio, amore mancato, non so.
Ero lì, t'ho guardato freddo, disteso e
t'ho toccato per sentire se eri vero.
Avare lacrime han solcato il mio viso
non per dolore, ma per quanto non ho mai avuto.
Ho onorato mio padre
con il cuore delle occasioni mancate,
orfano di quegli sguardi
e di quelle parole sempre negati.