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Rendez-vous arcano

Quando tu sarai presso la luna
e clangori e bretoni nenie intoneranno gli elfi;
e deformi nani della taiga spassosi e comici grugniti offriranno al vento,
sfioranti fino la nostra pergola;

e maghi del Katanga, narici attraversate da tagliente avorio,
oseranno
l'ennesimo incanto,
su crateri e mortai di palisandro,
dal torrido e incandescente liquarsi
di coleotteri e teste d'iguana;

io punterò, tagliente, verso te
la spada, alla tua gola,
con punta argentea intinta in farmaco infero,
nelle lave perenni del mondo senza luce.

Si rifrangerà su essa, famelica, la luce pallida
di Selene, in tante briciole di disperata rifrazione.
Ogni odore, ogni battito,
ogni fruscìo riferirà del Pardès,
delizioso Orto di umori di Zacatècas e Gandahara;
dello zenzero ruggirà, del pepe,
del sandalo e del cardamomo,
che inebriano come loto;
delle notti d'oriente guairà, impudica,
dei gelsomini e dell'iris,
tintinnio come di crotalo e grili suzumushi, ipnotico.

Rimbalzeranno i suoni tra il cuore e il delta di Venere,
dentro un sapore di passato introvabile, remoto.

Inondati di polvere sottile, cristallina,
i tuoi neri occhi penetreranno i miei.

Sussulto, spasmo, brivido?
La goccia
calda
tua
dalle tempie
con ansia parrà slavina
lungo le pareti della tua guancia,
precipiterà negli anfratti concavi del collo
pulsante e ansimante,
rovinerà, lava bollente, sui declivi del tuo seno,
onda di mare grosso,
lingua d'oceano assetata di fonti perenni,
sicura dimentica naufraga.

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