Un
vessillo nero
piantato sul mio cranio,
tuffato
nelle sue mute rovine;
ho visto partorire
cieche solitudini,
consumarsi il tempo,
ho sentito Amore
naufragare
con orrore
giorno dopo giorno
in attese folli:
nell'occhio dell'anima
impietrito,
riconosco il mio delirio:
Eccolo,
immerso nel baratro
della promiscuità,
a sfamare vecchie abitudini
simili
a guardiani di pietra,
a fantasmi
calati
in un'attonita
maschera del tempo;
ogni voce
un'eco spenta,
mentre le nostre carni
agonizzanti
mostrano scheletri
su deserti polverosi
su cui il nostro
despota
ha piantato da tempo
l'emblema delle nostre colpe;
non basta urlare
per vincere
le grida dei morti,
ed ogni attimo
è un continuo,
interminabile consumarsi
d'inquietudini.