Scartiamo un libro argentato di poesia
da vetrina, rubato in centro.
Tu leggi, un sopracciglio piegato
e sentimento assente come
un falso credente alla messa
io ascolto le stesse parole
col cuore di un ateo che si battezza.
Mi guardo dentro
con gli occhi della mente
e distolgo lo sguardo.
Poi ti urlo che manda avanti la vita
E la porta fin sulla croce
questa nube contratta che tu chiami invidia.
Invidia nera, dagli occhi sgranati
e lo sguardo sfocato,
invidia rossa, col sangue sui denti
e il fiato di bestia,
invidia cerea
sciolta nel biancore
dell’agonia lenta.
Poi esausta mi lasci
a scivolare sugli stessi versi
mai esauriti, come accade agli amori repressi.
All'inferno m'attende il cuore
e col piede malfermo
sorvolo i miei pianti e il tuo mondo
su palme inchiostrate di giganti.