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Cronaca locale

Andavo 'na sera de cammino
frà li ruderi der colle Oppio 'er Palatino,
in cielo già sortivano le stelle,
e dar mare spirava fresco er ponentino.

Durante er proseguo der cammino,
te vedo in lontananza un regazzetto,
seduto era sulli bordi d'un muretto,
ciaveva li capelli biondi come l'oro,
che sulla fronte je scennevano a caschetto.

Ner guardallo m'accorsi che in mano teneva 'na siringa,
me corse in testa lesto un gran sospetto,
e a dispetto dell'età che ho... ch'è de rispetto,
intui tutto più lesto d'un furetto.

" A regazzi... fermate che fai"
jò strillato cor fiato che ciavevo  in petto,
lui me guarda e me risponne : Aho ma se po' sapè ce voi?
Ma te li voi fa...
Me sò fermato... ciò raggionato... ciò perso tempo,
e poi che fa sto disgraziato, ar braccio l'ago s'ènfilato.

L'occhi che der mare ciavevano l'azzurro,
pareva che cambiassero colore,
era come se dentro se ce fosse arzato er vento
e che na luce saccennesse e se spegnesse 'gni momento.

Poi sul viso ciò visto la paura e lo sgomento,
e dopo ancora je prese un gran tremore,
" o Dio me dico, mo questo quà me more"
lento sè fatto scivolare... ora stava li a capo chino,
cor muretto che je faceva da cuscino.

Se fa giorno, er sole già fa capolino
frà li ruderi der colle Oppio ' er Palatino,
per terra che pareva addormentato
ce stava lungo un regazzino.

Quarche mattutino che passava là vicino,
lo guardava e poi indifferente se n'annava.
In casa cè na madre che intanto er fijo aspetta,
in mano stretto cià 'nsantino, e preganno
dice alla Madonna : -Oh Vergine maria, proteggi
te prego er fijo mio, faje ritrovà la retta via,
fammelo ritorna presto a casa mia.

In lontananza sona e corre un'ambulanza,
e pe la pora donna è come  riceve...
na cortellata nella panza.
Onde funeste flaggellano la stanza.

Leggenno er giornale, edizione der mattino,
proprio là in cronaca locale,
d'un tratto me sè fermato 'er core,
scritto cèra : " Trovato morto un regazzetto,
trà li ruderi e un muretto, dentro ar colle Palatino,
i capelli aveva come l'oro, che sulla fronte
je scennevano a caschetto ".

 

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10 commenti:

  • rainalda torresini il 27/02/2009 20:03
    Poesia che senza retorica parla di una realtà che vogliamo rifiutarci di vedere. Perché abbiamo paura di essere impotenti e spesso lo siamo.
  • Aedo il 28/09/2008 23:44
    Con l'ironia tipica del dialetto romanesco rappresenti un dramma della nostra epoca: il terribile destino dei drogati, verso i quali purtroppo molta gente prova solo indifferenza. Bravo!
    Ignazio
  • Enola Gay il 27/09/2008 11:14
    Non sempre apprezzo le poesie che si vogliono far carico di problemi sociali, mi sembrano ipocrite, false e buoniste, come se tutti dovessero accettare la stessa opinione. Ma al di là del tema, mi piace tanto la tua poesia, e il fatto che sia scritto in dialetto romano, le dà una freschezza di quotidianità.
  • sabrina balbinetti il 04/09/2008 13:19
    er dialetto è sempre maggico... poi l'argomento morto spigoloso... comunque bravo
  • VINCENZO ROCCIOLO il 25/08/2008 12:11
    Bella, Bruno, come tutto quello che scrivi, perché frrutto del tuo sentimento, delle tue emozioni, della tua anima di poeta.
    Un caro saluto.
  • STELLA BRUNO il 24/08/2008 11:36
    cronaca della realta' ma anche dell'indifferenza. dovremmo avere il coraggio di intervenire di impedire. Dovremmo riempire la vita di questi ragazzi di interessi e di stimoli per svuotarla ddal droga maledetta. Poveri noi che non riusciamo a dare ai giovani le giuste motivazioni ma solo cattivi esempi. bravo. ciao
  • Vincenzo Capitanucci il 23/08/2008 08:20
    na cortellata nella panza... questo vuoto esistenziale... che divora tante sensibilissime vite...
    i capelli aveva come l'oro... che non ha saputo vedere...
    dolorosamente immensa...
  • Cinzia Gargiulo il 22/08/2008 11:55
    Cruda e bellisima!... Da brivido!
    Molto bravo Bruno, come sempre!
    Un abbraccio...

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