Fisso un punto nel tempo a venire,
prossimo o remoto,
attendo inquieta come va a finire;
che resti ignoto
non lo posso io impedire.
Mi figuravo e risa e corse,
e baci e allegria
in gran copia, teco solo; e forse
invidiò quella vana euforia
un dio che vindice contra me insorse.
Trista nuova oggi m'è giunta:
accetto a testa china...
sento il dolore di mille e una punta,
(maledetta sventura meschina!)
mia vanità nel sonno consunta
da carezze che da queste mie mani
forse non avrai,
l'una dall'altro lunghe leghe lontani;
se dunque mai
a te poss'io ambire, a che vale il mio domani?
il mio ardore si nutrì delle ore
che spesi a cercar le parole
come fra frasche di fiorite aiuole,
di cui pur non colsi il più bel fiore
per persuadere, te, schivo all'amore.
Nel tuo discreto e segreto universo
mi è negato l'accesso,
di conoscerti non m'è concesso,
e quando d'ogni cura ormai già terso,
turbina il cuore mio nel senso inverso.
Grigia città che mi separi dai miei cari,
inabissa il suo nome nel fondo dei mari!