(scritta in primavera)
La bambina aveva i capelli lisci e lunghi
li pettinava spesso per essere in ordine
quando la mamma non vedeva
e il papà non tornava ancora
era buona e brava la bambina
non faceva arrabbiare la mamma
e aspettava il papà.
Lei accarezzava il velluto del mio diario
e si muoveva a scatti su gambette esili
aveva manine diafane.
È morta e se non moriva
ecco si sposava
per dovere per non aspettare
per dare piacere. Si innamorava
con discrezione. Avrebbe tollerato
la mancanza di rispetto ed archiviato gli insulti.
Sarebbe stata una gigante
senza saperlo, o avendolo dimenticato.
Oggi che passo tra la folla di Parigi
senza interesse attraverso corpi di sola carne
che si spurga nell'aria primaverile
come ostriche nel brodo di cura
senza un "pardon"
che non pronuncio perché lui sì vivrebbe
ma non saprebbe dove andare
(avrei più accoglienza in questo luogo
se vedessi senza essere visto)
io, come un fantasma del passato o un chessò del futuro
scivolando su pattini di velluto rosso
evidentissimo a te, nascosto a costoro
mi affido alla tua manina bianca
che cerchia il tempo e il luogo
come allora scorreva la minuta serratura dorata
del mio segretissimo diario
contornata dal velluto
che volevi sentire sotto i polpastrelli
senza parlare perché le tue parole avrebbero vissuto
ma non sapendo dove andare
oh, bimba di cui non ricordo il nome
che vidi a giugno e non più a settembre
tesoro dolce, canto mio disperato
tu puoi sottrarmi a questo incantesimo
che mi trattiene nel diario chiuso
carne da attraversare
percio' portami qui
e fa' che veda Te in loro
in questa zuppa di St. Eustache
di palme prese non so dove ma lontano
da un pover'uomo scuro di pelle
arrivato da poco
distribuite nella monotonia
di un accordatore di piano
che agonizza dentro l'omonima chiesa
come l'ostrica nell'acqua di cura,
come il mio "pardon" mai nato
e affida alle sue note effimere
ogni inutile offesa.