Si atteggia a femmina fatale
con quel suo infido volare,
a caso v’a poggiare l’occhio
lieta pur, se il vessato è un vecchio.
Di lunga il buio preferisce
giacché da sleale meglio colpisce
e si ritira frettolosamente
appena si fa luce nell’ambiente.
A lei pare di giocare a nascondino
ma, frema chi ha la testa sul cuscino.
Poiché molto spesso succede,
che a lungo la si cerca e poco la si vede,
bisogna che ritorni ancora la notte,
ma non regala sogni, solo grandi lotte
poiché la depravata a lungo insiste
con quel suo molesto ronzare triste.
S’illumina ancora una volta la stanza,
e il nonno ha perso tutta la pazienza,
l’ambigua insiste parecchio gagliarda
ma il poveretto neppure la guarda,
di versi ne fa tanti la piccola smorfiosa
assume in volo ora, un’aria da boriosa
e gira, gira, gira, gira in tondo
ma s’attarda l’oca per un sol secondo
allora vien dal vecchio un gesto rapido e sicuro
che schiaccia l’oscura accompagnatrice al muro.
C’è pace finalmente nella stanza
riecheggia tra i muri solo l’esultanza,
poi nel silenzio domina il respiro
dell’uomo che dorme come un ghiro.
Della zanzara infine non c’è più visione,
buia è la notte che gode per quella punizione.