Rido di te
e ti compiango,
tu che sei lì, chiusa
in cima alla tua
alta torre di cristallo.
Altera, sprezzante,
presuntuosa,
tronfia e piena di
un orgoglio che ti
inaridisce. Certa
che la bellezza appartenga
ai tuoi pensieri.
A te, assieme a questi
versi (per te sterco e vanità,
nient'altro), va la mia
compassione.
A te che, ogni giorno,
della saggezza altrui fai
sfoggio, per sembrare saggia,
vai il mio diniego.
A te che vaniloqui offri
a quelli che incanti
con parole già sentite
da maestri non abilitati,
va il mio odio, stasera.
A te che, indebitamente
sdegnosa, bruceresti
questa carta,
va la mia avversione.
E rido dite e
ti compiango,
tu che dietro un
ghigno sarcastico celi
fragilità e ignoranza.
A te che vendi il
pensiero, non avendo
mai pensato, va
il mio rammarico.
A te che molto di vero,
bello e giusto potresti dirlo,
va la mia rassegnazione.
A te che mi disgugsti, alle volte,
come un viscido rifiuto, e
mi attiri altre volte come un nuova,
fresca attrazione,
va il mio affetto.
E mentre rido di te,
penso al tempo trascorso,
piango per te, di nostalgia,
Amica mia.