Un tempo, al sorger del sole,
il coperchio del vaso aperto,
lingua perfida, te lo spiego io:
sono un cane idiota
per le strade, senza fissa dimora,
entro ed esco come un membro
dalle taverne d'inverno
per le strade, senza carta vergine,
se non nella testa,
nella testa fatto d'astuzia,
matto sfrenato per l'ingordigia,
e mi perdo a Palermo.
La città è una donna allo sfiorire,
ti culla col canto di dolore eterno,
ti strega, ti respinge, ti fa impazzire.
Cercare un festino
dove, come metallo fuso,
cola un rio di vino,
non mi accontento dello spioncino,
astuto più degli avi, mi avvicino
ed esco ed entro come un membro,
se occorre alzo il pugno,
sì, sì, un piede sul mondo,
fandonie, è rotondo?
È una cappella di gioia
eretta nella stanza,
bandita la noia, resta solo la danza.
Devi scappare!
Un tempo, al calar dell'ombra,
il coperchio del vaso chiuso,
lingua perfida, te lo spiego io:
sono un cane idiota,
sazio di sazietà,
dietro la ruota,
e fingo la cuccia un viaggio,
la catena un passaggio
per la libertà.