Alfin mi ritrovai nell'intricato bosco
gli ossuti rami a squarciarmi il volto
del chiaror dell'astro io più non conosco
e giunsi a barattar il basso e l'alto
tra le avvizzite foglie un raggio s'appalesa
per poi eclissarsi senza illuminare il passo
a rimembrar sì greve è tale impresa
e quanto sia rapido calare nell'abisso
il fato all'improvviso un refolo rapisce
dalle mie proprie mani sparge ai quattro venti
e subito l'angoscia la mente mia ferisce
non v'è nulla risposta, se non andare avanti
dov'é il fresco vento, dove il verde prato
e di mio padre il sospirato abbraccio?
il sole m'appare sepolto e tramontato
e la mia stranita vita, mossa da un capriccio
e mentre io rifuggo quell'oltraggiosa morsa
fissando nello specchio l'immagine sbiadita
m'appresto a recitarne un'altra farsa
in quest'osceno palco dai noi eletto vita