Terre lontane, distese immense
che tornano alla mente.
Orizzonti senza fine
come da fuoco dipinti
sul lago dorato di Langano.
Orizzonti lontani, rosati, da piume
stanche abbandonate
al venire della notte.
Silenziosa la sera m'avvolgeva
all'infranger di dolci onde
che accompagnavano l'ardere
di legna, lasciata dagli Oromo
per un simuni solo.
Quel calore coccolava
la fanciullezza che se ne andava
e i giovani sogni occupavano la mente
che si abbandonava, per un niente,
sotto quella infinita luce di stelle.
E, ancora dominano fieri
gli altipiani, primordiali e imponenti
che attraversavo, e in quella immensità,
io, il niente nell'infinito, il tutto.
Cieli tracciati da voli danzanti
e da colori di gocce riflesse
come su tele dipinte dal tempo.
L'essenza della vita, racchiusa nel ritmo lento
che scorreva nel dì senza ieri e ne domani.
E, nelle notti di Harar
risuonano ancora nella mente,
le risate che il vento portava col zoppicar
delle iene dall'occho splendente.
Il calore sulla pelle sento ancora
fino al cuore, di quel sole che dall'aurora fresca,
lento saliva fino al culmine dove esplodeva di luce
e bruciava sulle strade spalmate d'argilla
che lontano portavano,
dall'equatore al tropico,
dove le acace, stirate dal cielo, parevano infinite.
Di candide vesti le donne habeschane
cantavan l'amore, la gioia e il dolore
e con urla corali, al suono del koboro, le vedevi danzare.
E quando poi, in quegli incontri speciali
raccoglievo quei profumi speziati
di zenzero e di caffè versati
dallo gebenà con gesti rituali.
E, sento ancora l'odore, nel the, di cannella
nei pomeriggi di pioggerella.
Troppi, lontani i ricordi nello spazio della mente
quando con fatica vuoi scavare
quei volti e quei nomi per ricostruire
la tua Africa da ricordare.
L'Africa, la mia terra,
conserva ancora la mia giovinezza
come ogni mattina la sua ebrezza