A volte,
si chiama solitudine
questo buio che opprime
-il nulla-
lo sento,
aggrappato a punte di stelle
nascoste tra le pieghe del cielo
celate come pudiche dee,
-nell'infinita notte-
La chiamo paura
l'incertezza dell'effimero sole
che precipita lesto
dentro al tramonto.
Sono nastri di sogni
assottigliati da mesti risvegli
-quando-
tra palpebre dolenti
salmastre lacrime,
bagnano le aurore.
Lo chiamerò coraggio
il planare oltre l'indaco d'arcobaleni
atterrare poi,
lontano dal rimpianto.