Lo chiamavan generale
stava sempre in piedi
là, davanti al Teatro Sperimentale.
All'angolo alto e fiero,
dritto come un fuso, magro come uno stelo.
Già anziano, ma senza età,
sempre solo, lo chiamavan generale,
vecchio e senza denti,
salutava chi passava, sempre sull'attenti.
Ritratto di una vita in grigio,
come il grembiule che indossava,
sopra un paio di pantaloni legati con la corda,
grigia come i capelli che nascondeva
sotto un basco militare,
forse, anche per questo, lo chiamavan generale.
Portava la mano ossuta e nervosa
alla fronte rugosa e salutava,
sempre muto, lui non parlava.
Lo ricordo fra la nebbia del mattino,
con il sole o con la pioggia
una presenza costante, rassicurante,
mi accompagnava fino alla scuola.
Lo chiamavan generale,
non so se avesse servito la nazione,
quel che ricordo
il suo sguardo fiero, con fermezza
e devozione.
Fisso in un punto lontano...
salutava sull'attenti,
ad inseguire forse, ricordi lontani,
persi tra le nebbie della vita,
fermo, come una calamita.
Anfibi grossi e sformati, tanta strada
ai tuoi piedi, non sei più tornato.
Generale, ti ho rivisto per caso
in un ostello fra sguardi persi e abbandonati
tu seduto su una sedia a rotelle,
non salutavi più,
le tue mani stringevano ricordi e pensieri,
dentro il tuo sguardo fiero,
fermo, come ieri.