L'aria marcava le stagioni,
c'era il verde allora,
c'era la fontana
a pacar la sete di passioni;
dai miraggi oscurata del progresso
non era complice la luna.
I tramonti magici e l'aurora,
con i campi che fervevan di lavoro.
Azzurri i cieli, fantastici
incisi con lampi d'infinito.
Serena, la voce di campana
rammentava la pace
e la confidenza con tutti
e la benevolenza d'ognuno.
Attenta, s'affacciava la luna,
furtiva veniva a spiare,
sbucava fra i nembi,
si vedeva nel cielo vagare
e, volendo, potevi sognare.
I lumi eran pochi, così i lampioni,
regnava il silenzio
e la notte ammantava il mistero.
Ora, luci, bagliori e palazzi,
oscurano il cielo e stelle
tra folla, rumori e schiamazzi
le sere non sono più quelle.
Un tempo, ogni vicolo buio
celava un ingenuo segreto,
bastava un baglior di finestra
ed ecco inventata un'orchestra.
Progetti d'ingenua speranza,
pretesti di un cuore discreto,
per occupar la serata
tra canti, sospiri e baldanza:
la solita cricca schierata
d'accordo a far la serenata.
Qualcuno gridava al bordello
ma era vero, era sano, era bello.