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Gemma
Vidi Gemma soffiare via la sua vita
mista al fumo di una sigaretta, stretta tra le dita;
la vidi liberare, un'anima
che tentava di fuggire; ad ogni colpo di tosse:
non voleva dividere il suo destino con lei
sapendo già quale fosse.
La freccia, dopo che dall'arco scocca
ci mise poco, a renderla la donna col fiore in bocca.
Quando scoprì di essere malata, di un incurabile male
scelse di vivere il giorno che le sarà fatale:
lo vide sorgere senza capelli
versando lacrime sui nidi d'uccelli.
Aspettò la pioggia per non piangere sola
il fulmine allora, aspettò lei, e provò compassione;
andò ad asciugarle dal viso
le gocce nemiche d'ogni sorriso:
ma il fulmine mai! aveva imparato
nessuno! mai! gliene aveva parlato
che sono perle le lacrime, ma fanno un altro mestiere
ed è l'acqua che vive nel loro sapere.
E nell'acqua si sa, passa corrente
ed il fulmine in piena risalì, controcorrente.
Nacquero nude sul capo chiome, lucenti
fulgidi aghi domati dai venti;
fu ornata di trecce quando l'acqua esplose
dal cielo la pioggia non concimava le rose:
ma ornò in un istante, il cielo più distante
ogni goccia si mutava in un fulmine accecante.
Quando il mondo riprese a vedere
Gemma pareva svanita
perduta come sabbia che vola tra le dita;
quand'ecco che invece, valchiria si fece:
era Gemma tornata con sembianze diverse,
ma pareva, che le pupille le si fossero perse.
Lei rese vendetta ciò che era nel mondo, seminando il terrore
dove l'uomo non era riuscito a far attecchire l'amore.
Finché, un giorno mise la mano, nel terreno bagnato
dove giaceva sepolto di fresco, il suo amato.
Scoprì allora che fulmine e suolo
vanno d'accordo come la gravità ed il volo;
lei fu ripresa da un omaggio di voci:
venivano tutte dalle sue croci;
le dicevano in coro, non profanare questa terra
che non ci lascia tornare: e noi non ti lasceremo partire.
La via del ritorno non ti lasceremo scoprire
tu come tutti, imparerai a morire.
Si alza una voce più forte dal coro
e parlò da solo, ma non lo fece per loro:
disse il destino le ha cambiato la sorte
ma lei per prima vide la morte.
E si trovò in mano una vita non sua
era potente più di quel che credeva
ma le capitò nel momento sbagliato
quando l'universo, iniziò a ruotare, nel senso sbagliato.
Fu allora che lei lanciò forte il rosario
prese il mondo nel senso contrario:
e rese viva la morte che invece
il contrario non fece.
Era via quando al mondo fu invertito il corso
e non si trovò nessuno a cui fare ricorso.
Lei allora sciolse il nodo alle mani
separando gli esseri umani.
Li prese a caso, ad uno ad uno nel cosmo
li vide scuotere, scorrere la vita più forte
finché consumati, avessero motivo di vedere la morte
bussare di giorno alle loro porte.
E quando la sentivano arrivare
tutti, correvano a dichiararsi innocenti,
come se esistesse una scusa per ingannare la morte
pagarono caro l'affronto, pagarono caro l'azzardo,
di essersi presentati in ritardo;
la valchiria visse due volte, ma lo fece solo nel loro sguardo:
che quando la videro arrivare, a cavallo d'un branco di lupi
sentirono giungere tempi cupi
per quella vita che tutta gli scorre davanti.
Lei visse allora mille volte senza troppi rimpianti.
Non visse mai davvero, una vita in quel corpo
infilato come una spina, il fulmine andava tolto.
Con quelle sembianze lei, non si riusciva a vedere
lo tolse dagli occhi con una lacrima nera
lei pianse la luce ma vide la sera.
Quando la valchiria fu morta, rimase uno sciamano che balla
sapendo che non vi sono eroi degni del Valallah,
il corvo muore sul campo di battaglia:
muore la predatrice delle loro gesta,
ma i morti le diedero la voce,
sorrisero a Gemma e le offrirono una croce.
Le dissero è più facile amarti così
senza dardi maledetti
che resero la terra i nostri letti.
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