Io, Tamar, la palma,
strappata alla mia gente
da Yehudah, figlio di Yaaqov,
giorni abbiamo viaggiato,
lui sulla cavalcatura,
io a scorticarmi i piedi.
Mi hanno lavata e profumata:
ho atteso il grande Er
nel letto nuziale, trepidante.
Conosco il mio dovere,
ho i fianchi larghi,
so di essere una buona fattrice.
Ma Tu hai voluto che morisse.
Tu sei giusto, Adonai,
Tu sei implacabile, Adonai.
chi Ti offende deve morire.
Ma che ne sarà di Tamar
vedova e senza prole,
chi le chiuderà gli occhi
quando sarà morta?
Io, Onan, la loro forza,
ho il torto di essere nato dopo,
non posso avere una moglie mia,
non posso avere figli miei.
Tamar è bella, flessuosa
come le palme scosse dal vento
I suoi seni palpitano sotto i veli,
i suoi occhi neri mi invogliano,
dalla sua bocca esce il miele,
la sua natura profuma di desiderio
Ma il figlio, di chi sarà il figlio?
Figlio del seme di Onan,
ma non del nome di Onan.
Maledetto sia questo seme
che genera figli per i morti,
che genera figli senza padre.
Tu sei giusto Adonai,
Tu sei implacabile, Adonai,
chi Ti offende deve morire.
Ma che ne sarà di Tamar
per due volte vedova,
chi le masticherà il cibo
quando non avrà più denti?