In una vecchia foto
ho rivisto il volto di mia madre
quando non era ancora mia madre,
quando non ero neppure un progetto.
Forse allora sognava un amore
come quello dei romanzi rosa
che teneva ben ordinati
nello scaffale della sua camera
di fanciulla educata dalle suore.
I suoi occhi erano luminosi,
le sue mani lisce e curate,
i suoi capelli ondulati alla moda.
E venne il tempo di partorire
al suono delle sirene antiaeree,
di scappare lontani dalla città
in un paese di campagna, sicuro,
dove il bucato si faceva con la cenere
e i capelli si portavano corti
per via dei pidocchi,
e la stufa a volte non tirava.
Tornò mio padre dall'Africa
e fu un parto a dicembre,
nella campagna imbalsamata
dal ghiaccio e dalla paura.
La levatrice estrasse il neonato
con le mani grosse e rosse
di sangue e di freddo.
Ritornammo in una città
con ampi squarci tra le vecchie
case del porto e carcasse di navi.
Il volto di mia madre
non era più quello della foto,
soltanto gli occhi
erano ancora luminosi.