M'inebrio come facevo allora
quando ancora il tempo dell'addio
sembrava così lontano,
assaporo la tua essenza,
come un'ape sul fiore della vita.
Mani calde su petali di velluto
accarezzano lieve la pelle,
sul capo chino di chi ancor sogna
mentre gli occhi cercano rifugio
in quell'immensa azzurrità.
Sorge il sole dietro la mia collina,
la collina dei ciliegi in fiore,
degli alberi da frutto che aromatizzano
una natura privata della sua libertà.
S'offusca il cielo,
cirri tempestosi avvertono del temporale,
ma io sto ferma qui
ad ascoltare in silenzio la pioggia
mentre le tue mani aprono uno squarcio nel cielo,
ed il tuo volto mi riappare nitido e reale.
Rimembro la tua voce ormai sconosciuta
nel boato di un tuono,
nell'eco incerto del passaggio del vento,
che sprizza acqua e lacrime
sull'erba che spina il tempo dei ricordi.
Mi desto dal sogno con le mani bagnate,
con gli occhi sbarrati
"verso l'infinito che è dentro me".
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