Sedersi davanti al computer
è come inginocchiarsi al confessionale.
Anzichè dire, scriviamo parole ispirate
che se dette al sacerdote
avrebbero sapore di confessione, di rammarico,
aspettando poi l'assoluzione.
Similmente trasferiamo i nostri pensieri tra di noi,
artisti moderni o poeti d'altri tempi, futuristi...
invisibili... ma presenti.
Il religioso ascolta
poi elargisce il consiglio spirituale.
Il computerista legge, esamina... commenta.
Esiste differenza?
Non sembri blasfemia il paragone:
all'inginocchiatoio ci andiamo per essere ascoltati
da un uomo di Dio;
allo stesso modo al computer
noi scrivendo confessiamo emozioni,
colpe, vittorie,
così come le nostre sconfitte
a chi sta oltre lo schermo,
come nel confessionale
la cui grata
non lascia intravvedere il ricevente
delle nostre ammissioni.
Noi,
ministri d'arte poetica di un mondo parallelo,
rendiamo pubblica la nostra umanità,
(come gli Apostoli usavano proclamare nel Tempio)
a chi "in silenzo sa ascoltare"
vivere... amare,
e quando questo si palesa
riempie il cuore, la giornata,
e per alcuni,
non sembri esagerata,
la vita.