Mi preoccupavo dell'aspetto altrui,
ma, stolta, non vedevo che il mio corpo
si deformava giorno dopo giorno.
Ad ogni rumore, disgraziata sorte,
il mal di vivere emergeva incorruttibile.
Lasciava posto solo all'emicrania.
Gli occhi mi furono cattivi consiglieri,
come un vetro appannato, attraverso il quale
non si riesce a distinguere il reale dall'irreale.
Ero prigioniera del vivere.
Dentro ero una stanza vuota, come un profumo,
delicato, ma dal destino infame, che si
disperde nel vento, e nessuno che lo senta,
lo ammiri, avverti la sua presenza.
Una vita inutile.
La legge vuole che per sopravvivere ci si debba
scannare a vicenda. Bisogna emergere, primeggiare.
Preferirei, allora, appartenere alla categoria
dei diversi, consapevole del fatto che ognuno é
il portone di un abisso misterioso,
in fondo al quale giace, solitaria e triste,
una rosa legata ad un filo di seta.