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Filastrocca dei mestieri
C'era un medico condotto,
abitava al numero otto
di un palazzo di piani otto,
ma al piano di sotto,
mangiava solo filetto di manzo ben cotto.
C'era un ferroviere
che il padre era stato tranviere,
lo zio pompiere,
il nonno filibustiere,
non si sa perchè lui
facesse il ferroviere.
C'era un capitano di lungo corso,
di origine era corso,
aveva una casa al corso,
e ogni giorno correva lungo il corso,
aveva in casa pure un orso.
C'era un nuotatore di Acquaviva
che ogni sera nuotava da riva a riva,
e tutti aspettavano e dicevano:
arriva! arriva! il nuotatore di Acquaviva.
C'era un elettricista di Potenza
che delle pinze non poteva fare senza,
ed era, ormai, più che una scienza
per questo elettricista di Potenza.
C'era un dentista di Parigi
i cui capelli eran tutti bigi,
ma il suo prozio
si chiamava Adelmo Luigi
e aveva messo i denti a Stupinigi,
quel dentista che era a Parigi.
C'era un arrotino di Livorno,
afferrava le forbici
prima che fosse giorno,
e se nel ciel volava
un solitario storno,
quest'era, per lui,
segno di buongiorno.
C'era un macellaio di Barcellona
che perdé a tressette a Pamplona,
ma a consolarlo ci fu
una bella signorona,
grande e grossa, una vera vitellona.
C'era un parrucchiere di Avellino,
era rosso di pelo, ma piccino piccino,
ché a pettinar
stava su uno sgabellino.
C'era un barista di Pescara,
per lui la vita
non era punto amara,
d'estate beveva latte di mandorla amara
insieme a una cliente di nome Tamara.
C'era un callista a Londra
che non era di Londra,
a destra e a manca
lanciava i suoi hallo!
tranne nel giorno
che gli doleva il callo.
C'era un orologiaio di Cefalù,
aveva un orologio a cucù
che non faceva: cucù! cucù!
ma: basta, non ne posso più.
C'era un cantante di Rapallo,
andava a letto al canto del gallo,
un giorno il gallo s'ammalò,
e restò sulla spiaggia
accanto al falò.
C'era un ritrattista di Metaponto,
a cui tutti chiedevano:
il mio ritratto è pronto?
e lui, che a faticar era poco pronto,
diceva: del tempo ho perduto.. il conto.
C'era un parruccaio di Falconara,
che era sempre al centro di una gara,
la gara era incentrata sui capelli,
chi ne arruffava di più e chi i più belli.
C'era un ortolano di Acerenza,
che la moglie si chiamava Enza,
la figlia Innocenza,
e gli davan da mangiar
sempre crescenza,
e un giorno che mangiò sol provolone
lui se ne andò a Cala Gonone.
C'era un sarto di Piacenza,
nelle sue donne cercava l'innocenza,
perchè, perchè,
del perchè si fa senza,
ma le donne che, si sa
non sanno star senza,
cercavano almeno un'apparenza.
C'era un salumiere di Gallarate,
che sposò una donna di Vimercate,
aprì un supermercato a Tradate,
e poi un altro a Trinitate,
e ancora un altro a Gallonate,
alla fine imbrogliò tutte le date
quel povero salumiere di Gallarate.
C'era un parrucchiere di Trieste,
che il nonno pettinò Isabella d'Este,
la sua disperazione era la bora,
che gli spettinava la sua cliente mora.
C'era un vetraio di Venezia lido,
che diceva: dei miei clienti non mi fido,
allora si spostò a Venezia Mestre,
così, diceva, li acchiapperò
all'aprir delle finestre.
C'era un truccatore di Biella,
la cui cliente era sempre più bella,
lui le metteva in faccia una scodella,
e ne usciva più gustosa di una frittella.
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