Dei detti nati
tra quei petti
lo sfiorire adombra il calice
maturo
in quel villico torace d'uomo
hai da giocarti il vanto
quando l'imperfetta pelle
aggrinza vene e l'aprir il camice
non ha più ragione...
quante lune tristi
e quante quelle allegre che passasti
tra quei villi peli
il palmo di una fata fu magia
e nel turgor dei pettorali
che cogliesti lei
fragile fanciulla...
quanti intralci il tempo usa
ora che non gonfi petto
e sei matusa
forse ancora puoi senza difetto
stringergli la mano
di quei ricordi una carezza
e leva dai tuoi occhi la tristezza...
ora che al tuo fianco ancor cammina
la dolcezza
del suo corpo di bambina!