Fermo in attesa
l'onda mi sbava sui piedi
un'altra più forte mi bagna,
il mare si mette a giocare,
il sole comincia a sbirciare.
Nell'aria niente si scuote
se non il sibilo del verricello,
lego alla canna l'inganno
della notte patito da quanti
in corpo sentono il peso
del proprio corpo.
Fusa all'esca la speranza
grava in alti fondali,
vile si offre alla fame
dei pesci sgargianti e felici
pronti all'abbocco ferale.
Lo strappo è un ritorno alla vita
lento piano recupero l'amo
in apnea bado che il guizzo
non geli il sorriso;
che pena una volta tirato!
Già sento il calore del sole,
è finito il momento propizio,
mi metto a contare: uno due tre
il tempo compagno a quei pesci
mi sfugge di mano.