Non piangere
la maledizione del mio non camminare
ma cerca piuttosto
il nido del mio vero
autentico cammino;
vedrai un sogno
che l'occhio ti sa strizzare
al di là delle prigioni di carne
che il destino mi cesellò per gambe;
il cielo è così piccolo
te lo bevi in un sussurro di sguardo
se lo sai osservare
estasiato e sincero
le onde sono null'altro che pensieri
che anelano ad abbracciarti
siedi ora vicino a me
a questa mia carrozzella
di cui persino imparai a innamorarmi;
accostati,
senza paura e senza fiato
ne scorgerai indelebile la voce:
"non so, amico mio, quale strano capriccio di realtà
ti condannò a riposare su di me
cucendoti sulla pelle
la prostrazione di una disabilità,
so soltanto che Dio
mi affidò a te
perchè fossi volo e pensiero con te
perchè quel movimento
che a te si negò
che mai conoscesti nè conoscerai
è anche quello che ti dice
"vai oltre la tua paralisi
e lì mi troverai,
pronto a dipingerti sorrisi sul volto
pronto a donare al tuo cuore
ogni corsa che il destino ti ha tolto".
Non gemere, allora, moglie
questa mia vita
non è stata addestrata
per ascoltare i pianti
ma per stanare sempre inconsueti sorrisi;
ricorda la prima volta che ci amammo
alla luce fioca delle lampare
e portami un'altra volta al mare.