In quel verde fradicio di pioggia,
sulla riva su cui batte l’onda
e porta le impronte di acquatici
ardimentosi per necessità di cibo.
In quel cielo venato da strisce bianche,
nubi della tecnica moderna del trasporto,
s’alza lento il respiro della natura,
un mormorio sommesso,
un suono non suono.
È una nota sola, staccata,
una vibrazione ferma,
come un lontano gong
battuto dal martello del tempo,
un sospiro che sa d’infinito.
Un corpo pulsante d’umori divini,
un boomerang
che ritorna ad ogni lancio,
una voce calda che non sappiamo,
né vogliamo ascoltare.