Siedo ed osservo il ritaglio tetro
di mille solitudini al di là del vetro.
Fumo e ruggine, insulti e grida,
stufe prepotenti con pecore alla guida.
Fuggito il Sole, caduto è l'abbaglio.
Gocce di speranza più non mi riesce
di spillare dai muri diroccati,
più non sopporto ciò che vedo.
Ribolle il sangue, s'incattivisce,
oggi perdono non voglio né concedo.
Solo per te avrei la forza di uscire,
ma dal tuo strano mondo, non riesci a sentire.
Un quadro vuoto su un muro nero,
questo sono oggi, uniforme e sincero.
Anche te caccio, ho un'altra e mi vanto:
si chiama Solitudine, sorella del Pianto.