Fittissima, gelida, rumorosa,
la pioggia
martella impietosa l'asfalto.
Come un sipario, aprendosi
ad ogni folata di vento,
gioca con i passanti,
cogliendoli impreparati,
senza la maschera d'indifferenza,
e la vernice colorata
da mostrare al pubblico.
Volti irati, seccati,
i capelli scompigliati,
s'affollano disordinati
sotto i portoni dei palazzi.
Guizzano sulla strada le cupole colorate
degli ombrelli;
sprazzi di cielo, stracci di prato,
angoli di sole gettati a casaccio
che spiccano senza nesso
sull'asfalto bagnato.
Le grandi cupole nere e lucide
paion lugubri fazzoletti rigati
di pianto.
Prigioniero nell'ingorgo degli ombrelli,
ti penso.
Vorrei essere a casa, con te,
dietro al vetro di una finestra,
dopo aver corso insieme
sotto questa pioggia furiosa.
a tendere insieme l'orecchio
per carpire le segrete parole ch'essa,
sfacciata e crudele,
scambia con i muri dei palazzi,
colpendoli, scrostandoli, scolorandoli.
E contare le gocce atterrate sul vetro,
ad ogni nuova goccia un bacio,
una pioggia di baci...
Poi il vento invidioso
mi scardina l'ombrello e porta via con sé
il mio pensiero di te.