Dio, come mai potrò ringraziarti
di avermi cosparso una mano
di orgoglio partigiano,
e l'altra
di voglia di far crescere
il paese che mi fu culla e carezza?
Quanto bene può esservi,
in migliaia di fusti
di petrolio e benzina?
Ricordi,
quando il destino
disegnò sulla mia ancor giovane vita,
la missione di trasformare un colosso petrolifero,
in un tetro, colossale funerale?
Non ti ubbidì, destino,
tre lettere mi rimbalzavano
come lo sciabordare assordante,
delle note di una dolce nenia,
che galleggiava sulla superbia
di preziosi idrocarburi.
Dire non so in quale notte,
mi instillasti il soave nettare
di essere forte
per un'Italia che abbisognava
di non scoprirsi più debole;
un'idea scintillava grande come il mare,
il pensiero del bene che potesse fare,
l'intelligente, responsabile impiego
dell'energia nucleare.
Cattolico fui,
per vocazione ed estrazione,
mai per semplice illusione;
alfiere semplice ma di schiena dritta
questo soltanto volli considerarmi
con la voce che mi mordeva dentro
invitandomi a disegnare
un futuro sorridente
sulla pelle della povera gente.
Ma il tempo ha sempre una fune,
da tendere sui tuoi passi indifesi,
vedere i proprii progetti
frantumarsi tra i rottami roventi
di un volo traditore,
che mai mi accorsi,
di non poter chiamare volo.
Fu allora
che il fumo rimasto della mia vita,
salì ad annerire
con lacrime impotenti
il cielo ingrigito di Bascapè.
Fui e sono Enrico, Enrico Mattei,
un po' dirigente, un po' imprenditore,
con il tricolore ben piantato nel cuore;
forse non mi si perdonò
la libertà che mi concessi di pensare
che questo nostro paese
bellissimo e inquieto
potesse davvero sognare.
Italiano,
fà che
come fu per me
non ti lasci mai il respiro
di un'Italia che desidera contare,
dove germogli un benessere i cui frutti,
abbiano il succo dell'impegno di tutti.