Stava seduta sulla poltrona di fronte,
era lì, davanti a lui e lei lo guardava;
poteva toccarla allungando la mano
ma quella distanza era incolmabile
tra loro fantasmi di speranze defunte
venticinque anni e ancora la odiava
la osservava seduta: sempre fragile,
la solita ombra, eppure non la stessa.
Venticinque anni passati consumano
il corpo, ma quel ricordo era tremendo
Un dolore comune, una idea fissa
che li aveva separati e non uniti.
-Dobbiamo andare adesso, è ora.
Si avvia. Lei lo segue. Scendono le scale
È il giorno della visita a quel figlio;
dove abita sono giardini fioriti
e c'è una scritta all'ingresso:Dimora
Ultima. -Sarà felice qua, si dicono
silenziosi. Ma non lo pensano davvero.