Scivolano
come lettere bagnate dai morsi dell'amianto,
le pagine dei sacrifici
che il destino mi aiutò a sopportare;
che ne sanno, che ne sapranno mai,
i numeri che luccicano freddi
nel ventre dei computer di Equitalia?
Cara stampa,
non lucidarti le tue labbra assassine,
chiamandoci soltanto evasori,
chè il puledro scalpitante
della nostra economia di piccole famiglie,
galoppa anche
sul respiro di persone per bene.
Ehi, funzionario,
biasimare non ti so,
perchè stai adempiendo il tuo dovere,
ma vieni, te ne prego,
a scoprire la tana in cui si annida,
il richiamo di un altro sacro dovere,
la fatica di operai con famiglia,
e le lacrime di quell'operaio,
che sfida le fatiche e i sacrifici,
avendo una disabile per figlia.
Varca la porta del mio ufficio,
ci vedrai sul muro soltanto,
un crocifisso di nostro Signore,
che sussurra alla mia coscienza e ai miei anni,
"onora il tuo orgoglio di imprenditore,
facendone uno strumento d'amore".
Credi sia facile, funzionario,
dover chiedere pietà o elemosina
a banche e fornitori?
Il tuo computer mi dice di dover pagare,
ma quale pagare,
se è divenuto impossibile lavorare?
Lo vedi, funzionario,
questo ragazzo venuto da lontano,
una sola cosa mi chiese,
che gli offrissi la mia mano;
non troverai nel mio sguardo fiero,
ombra di lavoro in nero,
ma forse troverai nella tua esistenza,
quella parte che si definisce coscienza,
e che ti porterà a non giudicarmi male,
mentre sfogli sbadigliante
la mia stritolante cartella esattoriale.