Amarmi, t'alletta poi quanto?
In che t'entro il dì, seducente,
io che saccciar, tento, aspramente
te, dal cor mio strutto sì tanto?
D'un viver, che sento cotanto
urtato, da amor tuo cocente
non è nocuo l'esser nocente
che romper in stabile pianto.
Tu rea, ed importuna, ancor resti
nel tetro umor, me non avvezzo.
Or via, perchè non mi detesti?
E torna... l'allegro, nei mesti
scoccar, e d'inviso tuo vezzo
non trovi che ameni contesti!