Mi chiamo ALBERO e dicono sia generoso,
ma io non me ne vanto, non sono presuntuoso.
Mi piace aiutare gli altri, è nella mia natura,
ma è da un po’ che mi prende una paura…
Ho visto cadere tra i miei amici il più forte
ed ho sentito dire che sarebbe finito in “porte”.
Non so che significhi questa parola così strana,
credo sia un’altra terribile invenzione umana.
Mi sono abituato ormai a questi esseri viventi,
ma più li conosco, più mi sembrano invadenti.
Io non mi lamento se nel mio tronco incidono frecce e cuori,
mi fanno male, ma dimostrano così il loro primi amori;
non mi disturba che si arrampichino a me malamente,
tanto, se cadono, solo per me è divertente!
In autunno regalo loro volentieri le mie foglie colorate
e rendo più accoglienti i viali per le loro passeggiate.
Durante l’estate, invece, li accolgo sotto di me a riposare,
mi fanno compagnia, ma se ne vanno quasi sempre senza neppure salutare!
E quanto mangiano queste minuscole creaturine,
il loro stomaco è davvero un pozzo senza fine:
vegetali, animali, pesci, ogni ben di Dio
ed i loro bisogni fisici, poi, li devo sopportare io
che mi nutro solo di sali minerali
ed i miei scarti per loro sono ossigeni vitali!
E?" a proposito- che dire di quell’idea balzana
di chiamare il mio respiro “fotosintesi clorofilliana”?
Allora a ciò penso e ripenso...-e la risposta mi è oscura-:
perchè mai un solo albero è capace di riempire cento polmoni d’aria pura,
ma, tra cento, un solo animo è così riconoscente
da rendere grazie ad un amico vecchio e paziente?