(A mio padre)
Quei capelli bianchi,
le mille rughe sul tuo viso,
quel tuo volto stanco e affannato,
le mille fatiche fatte in tutti questi anni,
te li porti sulle spalle, come un povero Cristo ferito.
Non ho avuto modo e tempo di conoscere a fondo la tua vita.
E ciò mi rammarica profondamente.
Non ho avuto modo e tempo di starti più vicino.
E ciò mi opprime profondamente.
Le distanze a volte sono eternità.
Sono accumuli di tristezze quotidiane.
Dentro ai quali sei costretto a vivere
e nel vivere a volte si muore di pianto.
Pianto che ferisce l'anima, che uccide il pensiero.
Ciò che penso ora, è a un pezzo di sofferenza.
Un pezzo di vita dove manca la vita.
E con essa, anche il sorriso.
Quel sorriso che mi fa vivere e star bene con tutti.
Cio che manca ora, è lo star con te, al tuo fianco.
Come solitamente un figlio dovrebbe fare.
Mi dico spesso: - Pazienza..., la vita è questa!
Ma la vita a volte non è altro che un modo semplice nel quale
far piangere in silenzio le proprie sofferenze.