ora che
nell'alveolo del mio vivere,
scorro, placido fiume,
sempre più
con la mente
ripenso al ruscello
color di madreperla
che ero,
in quei giorni d'infanzia
quando strade e scorciatoie
erano mie.
Non c'erano confini,
non c'erano barriere,
cercavo i nidi
nei prati aperti
quando la falce di luna
era fatica e sudore
in mano ai contadini,
quando lo stupore
della vita
era la mia prima scuola
e pur non cogliendo
mai acino d'uva
nè frutto offerto al sole,
tutto era mio
nel rincorrere
libellule leggere
di sogni e liberi voli.
Chissà se la chiocciola curiosa
che s'arrampicava sulla siepe
amica, ancora ascolta
il singhiozzo del grillo
nel prato di sera
o il canto dell'usignolo
al mattino?
Chissa?
Di quel sogno perduto
oramai mi resta il trillo argentino
di quel ruscello,
una voce
che al cuore richiama felici ricordi,
ora che sempre più
riscopro amati volti perduti,
fronde spioventi
a riflettersi
nello specchio incrinato
del mio fiume.