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Il dizionario
Il professor Rocco *** insegnava italiano presso il Liceo Classico di ***. Era un uomo il cui sapere era <sesquipedale>, come amava definirlo lui stesso, con questo aggettivo che gli piaceva particolarmente. Dichiarava di conoscere tutte le 164. 000 parole che in media contengono i più noti dizionari della lingua italiana (se non credete che il numero sia corretto, controllate di persona). All'inizio di ogni anno, il primo giorno di lezione di una nuova classe, si presentava in questo modo:
"Ora vi farò un discorsetto in lingua italiana, usando solo termini generici, cioè non specifici di arti o mestieri. Scommetto una pizza per tutta la classe che nessuno di voi capirà il senso di ciò che vi dirò!"
Ed effettivamente riusciva sempre a vincere la scommessa. Contava sul fatto che correntemente si usano pochissimi vocaboli tra i tanti disponibili, per cui molti di questi ultimi cadono in disuso e vengono dimenticati e non più compresi dalla maggior parte delle persone.
Poi, con gesto teatrale, traeva dallo scaffale un dizionario in italiano, lo poneva con solennità sulla cattedra e diceva agli allievi, alquanto intimiditi dalla sua prestazione precedente:
"Qui c'è tutto quello che conviene ad un uomo che vuol divenire buon parlatore. Ad ogni vocabolo corrisponde un concetto ed ogni concetto si deve esprimere con vocaboli acconci. Fatene buon uso. Quando troverete una parola che non conoscete, leggete qui, poscia chiedetemene il significato. Se non saprò rispondervi, assegnerò a chi l'ha scoperta un bel 10 sul registro."
I ragazzi raccoglievano la sfida e cercavano di beccare in fallo il professore, ma l'impresa non riuscì mai ad alcuno.
Così, quasi per gioco, gli allievi del suo corso accrescevano il proprio lessico e si distinguevano dai parigrado delle altre classi per l'eloquio forbito e la parlata fluente.
Dopo questa doverosa premessa, voglio narrarvi un fatto di cui fui testimone, alcuni anni dopo che lasciai il Liceo.
Ad un incrocio cittadino, in un'ora di traffico piuttosto intenso, ci fu un incidente tra due autovetture per un caso di mancata precedenza, che fortunatamente non provocò feriti ma solo danni alle carrozzerie. I due conducente uscirono dalle rispettive vetture abbastanza nervosi. Erano un giovanotto sui vent'anni, in jeans e maglietta, capelli lunghi, fisico atletico ed abbronzato e un quarantenne distinto, vestito con giacca e cravatta, alto e magro, accuratamente sbarbato e con i capelli ben tagliati. Io ero bloccato in prima fila nell'ingorgo che si stava formando, e potei assistere alla scena da spettatore privilegiato. I due cominciarono a discutere animatamente, adducendo ognuno quelle che credeva sue buone ragioni. Poi il ragazzo disse:
"Solo un coglione come te poteva non vedermi!"
"Se mi permette, signore, io giudico il suo comportamento da beota. Il semaforo era già rosso prima che lei impegnasse l'area del crocevia."
"Come hai detto? Piota? Ma chi ti credi di essere?"
"Io son chi sono, per dirla come il Marchese di Forlipopoli nella "Locandiera" di Goldoni, ma lei è uno zuzzurellone."
"Zuzzuché... forse vuoi dire che assomiglio a Zuzzurro, quello che fa il cabaret con Gaspare? Sai che ti dico, allora, che tu assomigli ad una gran testa di cazzo!"
"A proposito di testa, vedo che lei è un dolicocefalo che ragiona con gli zebedei!"
"Faccia di merda!"
"Coprofago!"
"Figlio di puttana"
"Suo padre era il più grande prosseneta della città e lei è nato in un lupanare!"
"Ma piantala con 'sti nomi, se no mi incazzo per davvero!"
Era furioso, il giovanotto, talmente furioso a causa di quella sequela di invettive di cui non conosceva affatto il significato, che si slanciò nella sua automobile attraverso lo sportello rimasto aperto e afferrò il primo oggetto che gli venne sottomano. Era un grosso cacciavite: con quello vibrò un fendente al ventre del suo contendente, che cadde all'indietro sull'asfalto. Il feritore, resosi conto di ciò che aveva fatto, si catapultò in macchina, avviò il motore, cercando di fuggire. Ma l'ingorgo era talmente fitto che non riuscì a districarsi. Sopraggiunsero nel frattempo gli agenti della Stradale, quindi i Vigili Urbani e i Carabinieri. Con enorme difficoltà giunse finalmente anche un'autoambulanza che trasportò il ferito in Ospedale. Per fortuna un delicato intervento gli salvò la vita. Naturalmente il feritore fu portato in Questura, quindi inviato in carcere.
Come già dissi, ero in prima fila e fui testimone diretto dell'alterco e del ferimento. Vidi ed udii distintamente tutto l'accaduto. Conoscevo il ferito: per quel che aveva detto e per come si era comportato riconobbi in lui un ex allievo del professor Rocco, che frequentava il Liceo quando anch'io ero studente di quella scuola, pur in due diverse sezioni.
Successivamente riflettei sul fatto e giunsi alla conclusione che forse il professor Rocco non aveva considerato che lo sfoggio, pur commendevole, di troppo sapere, può arrecare, se usato senza discernimento e con le persone sbagliate, più danno che utile.
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- Un raccontino spiritoso e ben condotto, moderatamente ingegnoso. Io, che possiedo una buona dialettica, so però che esprimersi con la giusta proprietà di linguaggio aiuta spesso a uscire vittoriosi dalle discussioni. L'ex alunno del professor Rocco però non era migliore del suo antagonista, era solo più forbito.
Peccato che quasi nessuno abbia letto qusto pezzo - 23 letture in 4 giorni, figuriamoci - e tanto meno commentato. Poesieracconti è in stato comatoso, siamo passati da 100 pezzi circa nella home page racconti a settimana a 40 circa, i pochi presenti postano ma non leggono i lavori altrui mentre i veri narratori sono spariti. A che scopo restare su questo sito, dunque? Saluti
- Quando ancora frequentavo le aule scolastiche, tempi di cui posso evocare il ricordo solo pensando in termini di decenni, la parola zuzzurellone era abbastanza famosa per la sua particolarità di costituire l'ultimo termine riportato dai dizionari. Ricordo una dotta dissertazione di un professore tesa a dimostrare la superiorità dello Zingarelli rispetto al Devoto-Oli che avevo appoggiato sul banco. Altri tempi...
Ciao.

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