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L' albergo
Quando si sentiva così tesa ed abbattuta, aspettava una telefonata che però non arrivava mai al momento giusto.
E poi finalmente, quando non ci pensava più, ecco che squilla il telefono, lei lentamente prende la cornetta, tira su la gamba sinistra, come è solita fare, per appoggiarla sulla scrivania ed ecco la voce: è lui nervoso ed irritato, si capisce che ha chiamato più per dovere che per parlare: è sbrigativo, freddo.
Intanto Marilù gira il dito in un ricciolo di capelli o solleva ogni tanto la gonna leggera con gesti nervosi.
Sente salire dallo stomaco una tristezza che blocca il respiro_"Ciao a domani", è così, un congedo frettoloso e distaccato.
Lui è fermo lì davanti perchè vuole pagare il conto e la sorprende in quella posa strana, da danzatrice.
"Ti voglio".
Ma è proprio la voce di quel giovane uomo, fresco di doccia che riempie il piccolo ufficio?
Marilù si ricompone rapidamente ed indossa l' abito professionale fingendo di non aver sentito o capito.
Lui ripete con insistenza avvicinando il viso alle sue labbra:-"Ti voglio".
Stordita, impacciata lei non reagisce a quella strana provocazione.
Non era mai successo che un cliente le si rivolgesse così, con tale spudorata indecenza.
Ed ora doveva prendere un'iniziativa, rispondere a quello sfrontato che aveva letto la sua delusione al telefono ed ora
voleva approfittarne.
"Io non ti voglio invece", questa era la risposta che le era piombata sulle labbra e che sussurrò sul quello sguardo in attesa.
Non sembrava capire, come un bambino capriccioso ripeteva la tiritera.
Marilù lo avrebbe volentieri mandato via magari con risoluta gentilezza perchè comunque era cliente, da mesi dormiva in albergo con altri tecnici e sarebbe stato scortese offenderlo apertamente.
Immobile lui attendeva in silenzio e sorrideva dolce.
L' orologio a muro segnava la mezzanotte passata, era l' ora della chiusura. Lei sentì che nulla la limitava, avvertiva l' immenso potere di cui disponeva in quel momento:quel bel ragazzo allegro pieno di energia come poteva non averlo notato? Ricordava il suo incedere possente mentre saliva le scale con ampi passi, cavalcandole e i suoi gesti gentili di saluto. Adesso era lì fermo, risoluto in cerca dei suoi occhi sfuggenti.
Con passo leggero prese la giacca appoggiata sulla poltrona, afferrò la borsa, spense le luci dell' ufficio e mentre lui la prendeva per mano scesero insieme la scale con passo saltellante.
Uscirono, rapidi salirono in macchina appena fuori dal portone
d' ingresso.
Ed eccoli soli, complici, pieni di eccitazione e, mentre lui le accarezzava le ginocchia, corsero verso una meta sconosiuta dove poter sfogare la loro frenesia.
Camminavano nelle viuzze strette avvolti da un vento gelido stringendosi, afferrandosi. Abbracciati come due amanti incuranti degli altri, privi di remore ridevano e correvano con fare festoso. Raggiunsero il giardino dell' albergo, odorava di muschi e foglie appassite.
Lui precedeva la giovane tirandola per mano con delicatezza e ogni tanto le cingeva la vita per baciarla, lei lo seguiva fiduciosa.
Eccoli finalmente in una calda cameretta con due luci giallo- arancio e la tappezzeria di fiori dello stesso colore.
Sul copriletto rosso rubino si lasciano cadere già nudi: i vestiti sono volati a terra in una giostra divertente.
Inizia la danza dei corpi caldi ed odorosi di pelle, di umori freschi.
Tutto si miscela in abbracci, strette, baci profondi.
Le dita si intrecciano rapide, scorrono, sfiorano superfici ora morbide, ora turgide.
Sussurri e sospiri avvolgono questa densità umana, senza parole l' amore si espande, penetra, trionfa come un travolgente passo a due.
Poi tutto si acquieta e i due si guardano come non si conoscessero.
Fuori comincia a nevicare.
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