La cagnetta Lilly abbaiava insistentemente, forse qualche pescatore attraverava la nostra scogliera per trovare un luogo tranquillo dove gettare la sua lenza. Mi girai nel divano-letto scricchiolante, pensavo alla giornata da vivere, faticosa e frenetica fino a sera. Indugiavo nel calduccio della coperta stiracchiandomi un po' e pensando che Giuseppe forse in quel momento dormiva, sarebbe andato poi all' università per la lezione di petrografia, materia che lui detestava, e poi ci saremmo visti nella pausa pranzo.
Forse nel pomeriggio avrebbe studiato con Graziella presso lo studio del professor Aureli per preparare l' esame di geologia o forse sarebbe andato a casa di Alice per scrivere con lei qualche relazione. La mia giornata invece tutta un correre: in mattinata tre ore di lezione alla Andersen school, poi all' istituto San Giuseppe, nel pomeriggio quattro ore nella scuola di danza M. Bellini in via Etnea.
Ero già stanca al solo pensarla la mia giornata, come tutte le altre in fondo, tranne la domenica.
Quanto mancava alla domenica? Ma era solo martedì?!
Sentivo il rumore del mare, mi alzai al suo richiamo e corsi verso la cucina. A piedi nudi, sul pavimento freddo, ferma davanti alla porta finestra che affacciava sulla scogliera guardavo il golfo, i suoi colori, la vela che scorreva lenta sull' acqua. Era ancora buio e la luci accese di Catania mi infastidivano. Il nostro giardino fatto di erbe grasse e fiorellini selvatici si svegliava lentamente, Lilly, ferma sulla roccia muso al vento, guardava qualcosa.
In bagno un odore di salsedine mi attraversò le narici mentre mi specchiavo su una superficie punteggiata di macchiette nere. Lo specchio corroso rifletteva un ovale abbronzato circondato di riccioli ribelli, cadevano fin sulle spalle disordinati.
Avrei indossato pantaloni e maglietta, preparato la borsa con i body puliti, le calze e le scarpette da mezza punta e poi via verso la fermata dell' autobus.
Sentii la radio di Memela che cominciava ad importunarmi, il volume sempre alto; ormai erano le sette.
Rosy scendeva le scale leggera, in pigiama, mi salutò tra i capelli arruffati, era imbronciata.
"Buongiorno, come stai?"
"Ieri sera ho litigato con Rocco e non ho dormito bene."
"Lo sai che lui è così , lascia perdere, non ci pensare. Devo andare a lavoro poi ne parliamo meglio stasera e se hai bisogno telefonami, anzi ti telefono io nel pomeriggio, ma ora devo scappare."
La baciai su una guancia ed uscii con rumore di porta. Era gonfiata per l' umidità e si apriva male, Lilly mi corse incontro festosa, scorazzava libera sugli scogli rincorrendo i vecchi pescatori che passavano a testa bassa. Avrei voluto giocare un po' con lei ma ero in ritardo, le diedi una strizzatina, arruffai il suo pelo bianco e via oltre il cancello. Lei mi seguiva con occhi imploranti.