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Nepal

Il foglio bianco e pulito. la mano scorre. Se non fosse per questa terribile tecnologia c' avrei messo molto più tempo. forse. Il suolo nepalese è sverginato. Non sono solo, vi salutano sandra e maxime, sono qui con me. Di spalle ora tu vedi solo 3 zaini, qualcosa sfugge, rimaniamo solo un giorno qui. Templi, piazza principale e quel grosso morso che ci toglie quella massa pesante dalla pancia. Il vino rosso colora le pareti delle case e il viso della gente, piegano la testa, namastè, salve.
Tanto di europeo e tanti lontani da casa, un turista farebbe tutto quello che faccio io, dovrei far finta, non sorridere e poi niente negozietti niente cibo, cammino e arrivo a pokara, la città è più piccola e i turisti sono gli stessi che mi seguono e sorridono, sorridono anche loro, sorridono sempre. Scarpe da trekking, girate il mondo siete ovunque. Giro in bicicletta costeggiando il lago della vallata saliamo la montagna con la bici sulle spalle e sorprendiamo una cascatella che non sapeva di essere vista, i campi terrazzati di erba alta ci porgono le mani e ci aiutano a salire, lo fanno con tutti.
La strada è sbagliata e lui è Carlos. Domani prendo una moto e vado via. oggi entro in quel locale con lui invece e sta ballando una coppia di ragazzi nepalesi sul palchetto in legno. Pensavamo all'inizio in un locale di prostitute e non ci sediamo, danzano bene. lei è dolcissima, lui sa come tirarle fuori quello che per timidezza spesso nasconde. Il lago non parla quando si fa buio. Vado verso sud e guardo negli occhi la gente che passa, accompagno il fiume, il vento scappa, forse a spegnere un cerino, lui si diverte così.
Le onde del suono ti fanno dubitare, i tornanti ti raddrizzano la spina dorsale e il silenzio aumenta, l'aria porta meno voci e meno legami con la natura e un uccello ti rassicura, non sei da solo, io non sono da solo.
Maledetto corpo, ti abitui troppo poco al movimento, vuoi dormire riposare guardare e toccare, vedere al di là ma non camminare. Il villaggio sulla montagna si chiama Tansen, nel pomeriggio staccano la corrente, è il turno della candela, ecco prego. Dalla parte alta della cittadella si vedono le montagne innevate. L'himalaya, la staffetta riprende, ti guardi dall'alto, da solo, due gambe, le scarpe la testa gli occhi la retina la patina che li copre, è il loro momento, devono dare tutto, fare il loro lavoro. Labbra e mani, tristezza e un po' di orgoglio vibrano, ritorna il vento. Questa volta anche per lui è il momento di lavorare, suonare dipingere l'idea che avrò quando andrò via da qua. Svenire ogni notte, e riprendersi come se fossi malato.

 

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2 commenti:

  • Anonimo il 13/10/2011 14:52
    e scrivi qualcos'altro!!!
  • Anonimo il 06/09/2011 22:43
    mi devi una birra per questo voto!

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