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La clochard seconda parte
Da quel giorno la mia vita subì un totale cambiamento.
Impiegai del tempo per capire i meccanismi del dono, ma alla fine codificai metodo e strategia per utilizzarlo al meglio, ignorando al momento il prezzo che comunque avrei dovuto pagare.
A furia di congetture e intuizioni, scoprii che tutto derivava da qualche sostanza contenuta nei mie effluvi seminali. Era l'unica spiegazione possibile. Una specie di filtro d'amore. Lo so che può sembrare assurdo, ma com'ebbi modo di sperimentare, bastava una piccola dose del mio liquido seminale assunto per via orale da una donna perché questa morisse dalla voglia di fare sesso con me.
Che quella fosse la causa lo intuii leggendo un fatto di cronaca realmente accaduto nella movida milanese. Un articolo, indirizzato sopratutto alle donne, consigliava di far particolare attenzione a non lasciare incustodite le proprie bevande nel frequentare le discoteche. Risultava, infatti, che alcune ragazze erano state per cosi dire "incentivate" a fare sesso con degli sconosciuti sotto l'effetto di droghe sintetiche aggiunte a loro insaputa nelle bevande.
L'articolo faceva riferimento all'uso dell'Acido Gamma Idrossi Butirrico (GHB), detto anche ecstasy liquida, conosciuto nell'ambiente come "droga dello stupro" perché capace di stordire le vittime di violenze sessuali. Sciolto in una bevanda il GHB era assolutamente inodore e insapore, ma una volta mandato giù, rendeva la vittima, da prima euforica, poi totalmente incapace di reagire e, successivamente, incapace di ricordare l'accaduto.
C'erano in quei fatti delle similitudini con quanto accaduto con Gina ma, ci tengo a precisare, anche molte differenze.
Il GHB, infatti, non è un afrodisiaco. A parte i notevoli danni che provoca all'organismo, se da una parte provoca effetti disinibenti, di contro, ha forti effetti sedativi. Effetti che possono fare brutti scherzi agli uomini e per le donne stimolano più il sonno che l'azione!
Gina invece era molto sveglia quando desinava tra i miei lombi...
Ad ogni modo a "caval donato" non si guarda in bocca, per cui con Gina mi tolsi davvero lo sfizio del sesso. Non era mai sazia, una vera forza della natura.
Con lei provai tutte le cose che per anni avevo vissuto solo nei sogni più sfrenati. A dire il vero, fu lei che mi introdusse a certe pratiche.
Ma di contro, dopo un mese di fuochi d'artificio sotto le lenzuola (e non solo), capii che l'attrazione nutrita verso di lei, era dovuta sopratutto al significato che il mio ego attribuiva ai suoi No.
Non che mi dispiacesse fare all'amore con lei. Ma ora che avevo percorso e ripercorso tutte le strade del suo corpo si erano invertiti i ruoli. Ero infastidito delle sue continue telefonate e dal fiume di sms a cui comunque dovevo rispondere. Per fortuna ci separavano 500 km essendo io di Roma e lei di Milano.
Da bravo ragazzo, quale sono sempre stato, non approfittai della situazione per vendicarmi. Avrei potuto ignorarla, oppure, come aveva fatto lei, dirgli: "Bella stai calmina. Cosa ti sei messa in testa? Se vuoi possiamo uscire, ballare, andare al cinema, ma niente di più. Con te a letto non ci verrei neanche se fossi l'ultima donna della terra. Il mio pistolone piuttosto lo do al gatto. Tu non lo assaggerai mai più".
E invece, benché non provassi più questa grande attrazione per lei, non gli negai mai quel tozzo di pane a cui tanto ambiva. Anzi per restare in tema, posso aggiungere sapidamente che quel tozzo di pane più era duro, più incontrava il suo gusto e per me alla fine era sempre un piacere inzupparlo nella sua minestra.
Poverina, aveva una tale voglia di me che un giorno mi chiese di fare sesso al telefono. Quando gli risposi che non lo avevo mai fatto candidamente mi disse: "Posso avere l'onore d'essere la prima a carpire questa tua verginità?". Figuriamoci. Comunque il risultato fu disastroso perché appena lei cominciò rumoreggiare con voce cavernosa tipo "linea erotica" io scoppiai a ridere e lei offesa mise giù il telefono. Ad ogni modo due giorni dopo gli era gia passata.
Un paio di volte me la sono trovata a Roma senza preavviso. Come quella volta che venne in ufficio poco prima della chiusura. Era davvero sexy. Portava con eleganza un golfino di lana con un ampia scollatura, una sciarpa di seta al collo e una minigonna mozzafiato. Tutto sommato, sembrava tranquilla, quasi normale, ma sapevo che, in un modo o nell'altro, mi avrebbe tirato qualche tiro mancino.
Vista l'ora tarda i colleghi cominciavano ad andare via, e lei, come se nulla fosse, aspettò seduta tranquilla che finissi di lavorare. In effetti finché eravamo in ufficio mi sentivo protetto. Gli dissi "Prima di andare a casa devo passare in amministrazione per consegnare alcune carte; vuoi venire con me o mi aspetti giù in portineria?" Mansueta come un agnellino rispose: "Se non disturbo ti accompagno"
Come dicevo il fatto che non fossimo soli nel palazzo mi faceva stare relativamente tranquillo, ma quando fummo nell'ascensore, complice la ridotta minigonna, senza farsi notare dai presenti si appoggio a me facendo in modo che potessi toccar con mano l'assenza di biancheria intima delle sue umide intimità. Ormai la trappola era scattata. Mentre l'ascensore scendeva, mi disse: "ferma al piano dell'ufficio, ho dimenticato la sciarpa".
Giunti nella sala d'aspetto del mio ufficio avvenne la metamorfosi. Famelica come sempre in fatto di sesso, da agnello si trasformò in lupo. Mai come quella volta presi davvero coscienza degli effetti che il mio dono aveva sulle donne. I suoi intenti divennero estremamente chiari. Dal suo sguardo potevo leggere la sua mente. Voleva sesso, solo sesso. Sesso fisico, sesso senza smancerie né preliminari. Non voleva amore, sentimenti, attenzioni. Voleva solo quella parte del mio corpo capace di dare sollievo al fuoco del desiderio bruciante che partendo dalla gola gli scombussolava le viscere.
Mi sentivo come l'equivalente al femminile della parodia che gli uomini usano per rappresentare la sessualità femminile definendo la donna come "il buco con la menta intorno", riferendosi alle note caramelline alla menta a forma di ciambellina. In quel momento per Gina ero solo un pene che portava a spasso un corpo ai suoi occhi invisibile.
Infatti, senza che potessi obbiettare nulla, in pochi secondi mi ritrovai sbattuto con le spalle ad un muro e lei giù in ginocchio davanti la patta aperta dei miei calzoni.
Vorace lo cercò con mani e bocca e appena lo vide, benché ancora non pronto, avidamente lo fece suo succhiandolo. Non c'era modo di fare resistenza. L'erezione avvenne subitanea e deflagrante.
Con tempismo perfetto e prima che potessi esplodergli in bocca, si tirò su. Mi fissò intensamente e si allontanò.
Andò verso un divanetto della sala d'attesa e appoggiata con le braccia allo schienale si piegò ad angolo retto per mostrarmi il meglio del suo lato "B".
Conosceva i miei gusti. Era uno spettacolo solo a vedersi. La potevo godere già solo con gli occhi. Così piegata, la minigonna lasciava intravedere l'attaccatura delle cosce alle natiche. Non portava collant ma calze e reggicalze.
Aveva calcolato tutto. Le mie fragili difese crollarono. Divorato da una bramosia spasmodica e violenta, non potei fare altro che alzargli la gonna e penetrarla da dietro lì sui divanetti di attesa del piano dell'ufficio.
Mi stavo giocando il posto di lavoro; meno male che al piano erano già andati tutti via.
Meno male che il costo dei viaggi non gli consentiva di farne di più di queste improvvisate.
Comunque le cose con il tempo cambiarono. Dopo un paio di settimane durante le quali a fatica evitai di avere di rapporti orali, notai finalmente una diminuzione del desiderio da parte di Lei. Cosa che naturalmente assecondai fino al completo annullamento di tutti gli effetti e conseguentemente, Gina tornò ad essere la stronza di sempre sparendo dalla mia vita.
Ritornando ai miei super poteri, sentivo che la teoria che meglio calzava ai fatti era quella secondo cui chi lo assaggiava non poteva più farne a meno. Lo so che forse non è etico, ma che avreste fatto Voi al mio posto? Non ne avreste approfittato?
Per poter essere sicuro della portata e degli effetti, dovevo sperimentare il mio dono su qualche altra donna; in fondo quello che era successo con Gina poteva essere un fatto isolato. Magari funzionava solo su certi tipi di donne. Bisognava dare un valore scientifico ai fatti; ci voleva il supporto dei dati di una seria sperimentazione.
Con la scusa di voler indagare sulla mia fertilità iniziai con degli esami clinici da cui però non emerse nessun dato significativo anche se ad essere sincero una cosa particolare avvenne.
Era accaduto una specie di incidente durante il prelievo.
La mattina che andai a fare il test, la signorina allo sportello mi disse che se avevo fretta di ricevere i risultati potevo effettuare il prelievo direttamente quel giorno.
L'operazione fu abbastanza semplice se non fosse stato per il fatto che nella foga della minzione il seme sgorgò con un fiotto a schizzo che oltre a centrare il vasetto di plastica andò a spargersi in più punti della stanza. Vergognandomi come un ladro presi dei fazzoletti di carta e pulii ben bene le superfici bagnate. Visto che tardavo ad uscire una voce di donna mi disse: "Va tutto bene? Ha finito?" "Si ho finito ecco sto uscendo" risposi.
Aprii la porta.
C'era ad attendermi un'infermiera dall'aspetto serio e professionale ma come donna una vera balena soprappeso.
Non so perché per un attimo la immaginai nuda. Mamma mia mi vennero i brividi.
Mi guardò e con fare gentile mi disse: "Ha niente in contrario se compiliamo assieme un questionario anonimo a fini statistici?" "No" rispondo io. "Beh allora mettiamoci qui un attimo nella stanza".
Cosi tornammo nella stanza del prelievo.
Ci sedemmo e cominciò a farmi domande.
Devo dire però, che non mi sentivo a mio aggio. C'era qualcosa che mi disturbava e purtroppo da li a poco capii di cosa si trattava.
Notai un luccichio sul pavimento proprio vicino dove sta seduta lei. Cavolo! C'era rimasto del liquido seminale che non avevo visto. Cominciai a sudare freddo pregando il cielo che non se ne accorgesse. Ma "come si suol dire" quando il diavolo ci mette la coda c'è poco da fare.
L'infermiera cominciò a giocherellare con la penna facendola roteare tra le dita come fanno le majorette con i loro bastoni. Gira che ti rigira la penna le cadde dalle mani e indovinate dove va a finire? Si. Tra tanti posti, neanche avesse mirato, cadde proprio lì. Ma fortuna o sfortuna non è che ci cadde sopra, in qual caso al massimo se ne sarebbe accorta. No! Ci cascò in modo tale da bagnare appena appena il capuccetto superiore. Dicevo che il diavolo ci mette le coda ma quella volta ci mise pure le corna perché quell'infermiera non aveva solo il vizio di giocherellare con la penna ma, orrore degli orrori, aveva anche il viziaccio di ficcarsi al penna in bocca e lo fece quasi subito dopo averla raccolta da terra.
Mi si gelò il sangue. Ebbi la sensazione di intravedere un mutamento nei suoi occhi. No! La cicciona no! Questo esperimento non s'ha da fare dissi tra me; mi alzai e scappai via.
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