Camminavo esplorando le tante viuzze di quell'angolo di città, mi accorsi che mettevo semplicemente un piede davanti all'altro e mi facevo condurre docilmente, dalla curiosità dei miei occhi, imboccai una via che si interrompeva davanti ad un muro, un muro confinante con un'altra abitazione la cui facciata era ricoperta da insegne luminose, che si scorgevano anche da lontano, quasi fosse una specie di faro che occhieggiava i passanti, due o tre alberghi ad ore si erano insediati in quelle casette basse di tre o quattro piani, nelle cui camere si consumavano illusioni d'amore, o si tentava di dimenticare qualcuno. Ero così distratto dalle mie visioni che non mi accorsi di trovarmi a sfiorare gli abiti profumati e i volti sfacciati di quelle signorine, che sorridevano, ammiccavano, a volte tentavano di strattonare qualche potenziale cliente.
Arrivai in fondo a quella via e decisi di tornare indietro, imboccando uno dei tanti vicoli che convergevano in quel luogo, quando mi si parò davanti una di quelle ragazze. Venticinque anni al massimo, ma ne dimostrava molti di meno, un trucco vistoso che non aggiungeva nulla alla sua bellezza, alla sua gioventù. Mi guardava con aria di sfida sorridendo, mi allungò quella mano "bambina" e disse " Vuoi un po' di compagnia?".
Era la voce un po' roca di un'adolescente cresciuta in fretta, una voce come soffiata da un sassofono, un po' stridente, forse l'alcool le sigarette, le poche ore di sonno.
Si, volevo un po' di compagnia, ma non era quel genere di compagnia a cui lei alludeva, ma come uno stupido la seguii su al primo piano, senza pensare senza riflettere, mi feci trascinare dolcemente da quello sguardo complice color del mare, da quelle movenze sinuose, da quelle false promesse d'amore. Un'occhiata veloce del portiere ci salutò, poi tornò alle sue parole crociate, trangugiando un ennesimo calice di vino bianco.
Lei si sedette sul letto, sotto quell'unica finestra che si affacciava sulla strada sottostante, io rimasi in piedi in mezzo alla stanza ad osservarla, come trasportato in un luogo sconosciuto da un incantesimo, battè ripetutamente il palmo della mano sul copriletto e disse "Dai, mettiti seduto, vieni qui che ti faccio passare la malinconia!"
Mi resi conto di aver fatto una sciocchezza, feci un passo verso di lei e le porsi una banconota da diecimila lire.
"Scusami ti ho fatto solo perdere del tempo, possono bastare?" dissi
Mi guardò con aria incredula e divertita, poi mi prese la mano e accartocciò la banconota serrandola all'interno del mio palmo, tenne le sue mani serrate sulla mia, guardandomi dritta negli occhi, quello sguardo e quel gesto non potevano essere comperati, aveva fatto per me più di quanto avesse immaginato.
Si allungò verso la finestra scoprendo le gambe, scostò un poco la tendina e disse
"Mah! Oggi non è proprio giornata! Credo che stia per piovere... vai! Prima che incominci."
Feci i gradini uno alla volta, quasi al rallentatore, avrei voluto dilatare quel tempo in un'eternità, uscii e alzai gli occhi al cielo, non c'era una nube nemmeno a pagarla e il cielo era terso come gli occhi di quella ragazza.