Era bianca come la prima neve che cade silenziosa dietro le finestre. Accarezzando la sentivo scorrere liscia e fresca tra le dita. Mi guardava vergine, pura, incolpevole eppure così altezzosa, cinica, distante e giudice.
Trovai una penna e inizia a farla girare tra le dita. Fu un attimo, mi trovai con le mani sporche di inchiostro nero inutilmente versato.
Sentivo nella testa bussare forte. I personaggi ospiti de “L’albergo della fantasia” iniziarono a battere rumorosamente i pugni e i piedi contro le pareti ormai strette del loro abituale silenzio. Alcuni arrivarono, forzando la soglia, travestiti da fantasmi coperti da lunghi manti bianchi, altri silenziosi si sdraiarono muti, guardandomi con occhi spalancati.
Capire, pensare, ascoltare, svelarsi, inventare…. Una cavalleria all’attacco in nuovo campo di battaglia. Sguainai la spada pronta ad incidere pensieri irrisolti che si accalcavano su dita mute.
Ad un tratto la penna fu su di lei, fremente, irrefrenabile. Un eroe alla guida di un reggimento. Sfregi veloci, punti marcati, virgole posizionate qua e là, spazi, tempi, sospensioni schierati come in un piano di battaglia finemente preparato.
Lei restava lì, lievemente inclinata, fiera come una regina che non china il capo nemmeno dopo l’ultimo assedio. La presi, fu mia... e in un minuto non fu più bianca.