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I colori dell'animo II

Ricordo ben poco della fine di quella mia estate, dopo che ricevetti il cofanetto da Regina. Il giorno di quell'inaspettato regalo, non appena misi piede in casa della nonna ricevetti una chiamata da mia madre.
Capìì subito dal suo tono che c'era qualcosa che non andava, mi tenne al telefono per ben 3 ore, ricordo il mio cellulare incandescente mentre lo tenevo vicino all'orecchio. Con parecchi giri di parole, tra lacrime e singhiozzi mamma mi disse che papà aveva fatto un "brutto investimento" lavorativo, che avevamo perso la casa e che - ciliegina sulla torta- lei lo aveva mollato. Feci i bagagli in fretta e furia prendendo solo l'essenziale, arrabbiata perché mi avevano tenuto all'oscuro, chiedendomi come un matrimonio potesse finire così dopo quasi 20 anni e salii sul primo treno diretto verso ciò che rimaneva della mia famiglia.
Ed ecco che dopo un mesetto di traslochi e drammi io e mamma eravamo di nuovo a casa della nonna, questa volta per viverci. L'unico lato positivo era che in questa vecchia casa mi era stata concessa la soffitta. Dopo aver portato via anni e anni di cianfrusaglie accumulate e una bella pulita avevo comprato un bel letto da una piazza e mezzo in ferro battuto, una scrivania e un armadio. Tutto sommato la mia vecchia casa non mi era mai particolarmente piaciuta, era troppo caotica: il rombo delle auto, che schizzavano a velocità esorbitanti anche in piena notte, mi aveva sempre infastidito. Qui avevo anche una bella finestra, proprio come avevo sempre sognato.
Scostai le tendine colorate e aprii la finestra. Subito una brezza fresca mi sfiorò il viso: sapeva di cambiamento, novità. Nel cielo blu notte, le nuvole si spostavano velocemente. Mi soffermai a guardarle e rivolsi un pensiero a mio padre che era solo all'estero solo a cercare di risolvere alcuni dei suoi imbrogli. Domani era un altro giorno, pensai alla Rossella O' Hara maniera. Domani avrei iniziato ad andare all'università: architettura, come avevo sempre sognato. Non sapevo proprio cosa aspettarmi, avevo paura di non riuscire a socializzare, di rimanere sola, di sentirmi inadeguata. Dovevo decidere come presentarmi ai miei nuovi compagni di corso: gonna o jeans? Capelli sciolti? Chissà dov'era finita quella magliettina.. con il caos del trasloco non trovavo tantissimi indumenti.
Mi diressi verso l'armadio e lo aprii, i miei abiti erano tutti appesi ordinatamente alle loro grucce. Rovistai sul fondo tra la pila di magliettine fresche di bucato e finalmente trovai la t-shirt che cercavo, questa sarebbe stata perfetta! Sul fondo però c'era anche una scatola che non ricordavo di aver messo, dopo averla tirata fuori mi ricordai delle robe che avevo lasciato dalla nonna mentre ero qui quest'estate e che lei mi aveva detto di aver raggruppato tutto in uno scatolone e di avermelo messo in fondo all'armadio. Lo aprii con foga.
C'erano un paio di shorts, qualche canotta colorata, un quaderno con degli schizzi abbozzati nella noia e poi eccola lì! La scatola nera regalatami dalla vicina gattofila. Avevo sperato ci fosse dal primo momento in cui avevo visto lo scatolone. Non avevo avuto proprio il tempo di dargli uno sguardo e me n'ero completamente dimenticata con tutti i pensieri avuti per la testa. La aprii in fretta avida di osservare da vicino gli smalti. Ce n'erano ben 8: rosso, blu, verde, giallo, viola, grigio, nero e bianco. Ero affascinata dai colori contenuti dalle boccette, erano puri e brillanti. Quasi scintillavano nella penombra della mia soffitta.

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