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Giochi antichi della mia terra
I giochi che si facevano una volta al mio paese, Tombolo, un paese veneto, tra Padova Vicenza e Treviso, penso siano gli stessi giochi che i bambini, pur con nomi diversi, facessero in tutta la pianura padana e forse in tutta Italia.
Noi giocavamo ogni sera d'estate sul sagrato della chiesa, era questa un bell'edificio costruito alla fine del 700 con un grandioso atrio esterno, limitato da otto colonne ioniche, impostate su di un alto zoccolo. La facciata esterna , con tutti quei cornicioni, quelle colonne e quegli appigli, costituiva una palestra naturale di free-climbing, il luogo ideale per giocare "Rogna - alta ", gioco che consisteva nel rincorrersi per toccarsi e "petare la rogna" al compagno di gioco, chi fosse caduto dal cornicione sarebbe stato eliminato, per questo si chiamava -Rogna-alta-. Le rogne a quei tempi erano giochi molto diffusi, altri tipi di rogna erano la celeberrima -Rogna scondarse - (in italiano -nascondino-) e la meno nota -Rogna vedarse-. Per stabilire chi avesse la rogna si facevano delle conte. Tra i giochi praticati a quei tempi in paese c'era anche "Cortelin", era questo un gioco da farsi, accucciati per terra, lanciando un coltello in vari modi ed in varie figure : Man bianca, man mora, pugneto, forcheta, i deeti, e le polentine. Man bianca : il coltellino doveva essere appoggiato sul palmo della mano del giocatore, doveva essere lanciato e dopo una giravolta doveva conficcarsi nel terreno con la punta. Man mora: coltello appoggiato sul dorso della mano. Pugneto : coltello appoggiato sul pugno chiuso. Forcheta : coltello appoggiato sull'indice e sul mignolo della mano. Deeti : il giocatore doveva alzarsi in piedi, tenere la punta del coltello tra l'indice ed il pollice, lasciare cadere il coltello che dopo una serie di giravolte doveva piantarsi per terra:. Per giocare i deeti ognuno aveva le sue misure : tenere il coltello all'altezza del naso, della bocca del mento, a seconda dell'altezza del giocatore. Polentine : come i deeti, ma il coltello doveva essere tenuto per il manico anzichè per la punta. Campione indiscusso di questo gioco era Toni Massèle, se ci fossero state le Olimpiadi di cortelin, tutti gli altri avrebbero concorso solo per la medaglia d'argento, Toni Massèle vinceva, di solito, senza neppure dare la possibilità all'avversario di toccare il coltello. Più che altro si esibiva, non si rendeva nemmeno ridicolo misurandosi in gara con altri. L'unico problema erano le misure dei deeti e delle polentine che cambiavano sempre perchè Toni cresceva continuamente, andava a letto 1, 70 cm, si alzava 1, 72, se pioveva cresceva anche di più: cresceva come i funghi. Così ogni tanto sbagliava anche lui il primo deeto o la prima polentina. La madre una donna molto minuta era disperata : "Toni basta cressare" gli diceva al mattino: " Basta cressareee che semo rovinai " gli urlava il padre mettendo le mani attorno alla bocca a mò di megafono. Poi improvvisamente, quando ormai non ci speravano più arrivato al metro e novantasei si fermò. Si svegliò al mattino tale e quale come quand'era andato a letto, quindi le ultime braghe furono lunghe per sempre. Massèle oltre a giocare a cortelin, andava a fighe con la Guzzi. " Vo a gussar coa gussi" Se fosse stato solo per le fighe lui sarebbe andato anche bene, il guaio era che attorno alle fighe c'era tutto il resto, e sopra c'era la testa con la bocca che voleva sempre parlare e lui non sapeva cosa dire. Non che fosse un grezzo senza sentimenti, anzi tutt'altro. Il fatto è che era sempre stato troppo sintetico ; anche da bambino quando faceva i temi d'italiano copiava in bella calligrafia il titolo del tema scriveva Tombolo e la data in largo, per guadagnare più spazio possibile ma poi : " La mamma è buona". "Il nonno è vecchio". " Il papà è lavoratore". Al massimo aggiungeva, paonazzo per lo sforzo " Il papà è un gran lavoratore" . Ma gli sembrava già di essere stato un po' prolisso. "Che c'è tanto da dire.. ioccàn."
Un altro gioco che si faceva, solo d'estate però ed in concomitanza con il giro d'Italia di ciclismo era il giro d'Italia sull'acqua.. Per questo gioco si usavano gli stecchini dei ghiaccioli o atri pezzetti di legno intagliati sui quali si scrivevano i nomi dei principali ciclisti del tempo : Vi erano in primo luogo i velocisti: Beghetto, Bianchetto, Gaiardoni, Maspes e l'odiato belga Sercù , poi c'erano gli ever green : Coppi, Bartali, Girardengo, Magni, Coblet, Anquetil, Bobet, c'era lo scalatore Imerio Massignan, e gli altri, per far numero : Bincoletto, Ogna ecc.. ecc..
Tutti questi corridori di legno venivano raccolti in un sacchetto di plastica e lanciati nel pozzo del Bruschello; seguivano la corrente attraverso le roste e venivano poi raccolti in un punto ben definito: il traguardo. Si cronometravano i distacchi tra i vari corridori e si stilava una classifica che veniva ogni giorno aggiornata fino ad assegnare alla fine del giro, la maglia rosa. Sembrerà impossibile ma ognuno di quei pezzetti di legno aveva la sua personalità: Imerio Massignan, ad esempio, essendo uno scalatore aveva la tendenza ad andare contro corrente e mentre gli altri sfrecciavano nella rosta verso il traguardo, lui continuava a vorticare solitario nelle acque del pozzo.
Il pluri campione del mondo di ciclismo su pista Giuseppe Beghetto ( Bepo Pacio) è un tombolano. Tutto il paese aveva assistito con ansia alla finale del campionato mondiale in cui Beghetto dovette confrontarsi contro il belga Sercù , in quell'occasione a mia nonna venne anche " la Gina" (l'angina pectoris) vedendo che Sercù stava rimontando, Ma poi Bepo vinse e tutti furono orgogliosi di lui. Dopo quella vittoria Bepo fece anche uno spot pubblicitario per televisione a Carosello. "Ovomaltina da forsa " diceva, e niente più . Detto così sembrava un periodo sospeso: " Ovomaltina da forsa..." Si sentiva, tutti sentivano che ci mancava la bestemmia finale.
Per questi motivi il legnetto sul quale c'era scritto Beghetto era tutto levigato e sembrava un siluro, mentre Quello del belga Sercù era tozzo grosso ed appesantito con dei pallini di piombo. Malgrado questo Sercù, in certe tappe comandava il gruppo : Il belga Sercù... fiol de na troia.
Una variante di questo gioco si chiamava "Sqerceti". Si utilizzavano i tappi di latta delle bottiglie dell'aranciata o della gassosa riempiti di cera fusa, per dar loro il giusto peso e si gareggiava in piste di terra o di cemento appositamente disegnate, colpendo lo "Squerceto" con l'indice o il medio della mano destra.
Sempre in piazza, all'ombra della chiesa, si faceva il gioco degli "omeneti" . Era una variante del classico gioco dei soldatini: si schieravano gli "omeneti ", gli indiani da una parte ed i cow boys dall'altra poi si lanciava una pallina che attraversando i due schieramenti abbatteva tutti i soldatini che trovava sul suo cammino che venivano quindi dichiarati morti. Vinceva lo schieramento che, al termine delle ostilità, poteva vantare almeno un superstite. In teoria ci sarebbero state le stesse probabilità di vittoria sia per gli indiani che per i cow boys, visto che chi lanciava la pallina si faceva bendare, in pratica vincevano quasi sempre i cow boys. Si sapeva già come andava a finire. Chi parteggiava per i cow boys sarebbe poi diventato, nella vita politica del paese un democristiano, mentre chi parteggiava per gli indiani o era un rompicoglioni di enormi proporzioni o un'inguaribile romantico ed anticonformista. Carletto Pasini e Piarèto facevano delle guerre al termine delle quali nemmeno uno dei cow boys era rimasto sul terreno. Carleto Pasini e Piarèto. Che democristiani Mariauorgine!
Il sagrato della chiesa era spesso teatro anche di un altro gioco detto "Canète".
Per giocare si utilizzavano come armi dei tubi rigidi di plastica che si compravano dall'elettricista e che dovevano servire originariamente per proteggere i fili elettrici negli edifici. Si tagliavano queste "Canète" alla dimensione voluta e si utilizzavano come cerbottane. Le munizioni erano i "Bussolotti" . Arrotolando attorno al dito indice della mano sinistra delle striscioline di carta appositamente ritagliate si ottenevano degli autentici piccoli siluri di carta: i terribili "bussolotti" appunto che venivano sparati e potevano raggiungere un bersaglio anche a 50 metri di distanza. Si formavano due squadre e si combatteva fino all'ultimo uomo utilizzando come nascondigli tutti gli anfratti che l'architettura della chiesa offriva. Erano battaglie che andavavano avanti per ore e qualche volta per intere giornate, senza interruzione. Da questo gioco prese spunto "La guerra del riso o la guerra dei cent'anni" . Era questo un gioco che si faceva solo durante l'orario scolastico alle scuole medie Pio Ics. Al posto della "Caneta" si usava l'involucro esterno della penna biro Bic dopo aver estratto il refil, e come munizioni dei chicchi di riso che venivano preventivamente introdotti in bocca. Era l'arma scolastica per eccellenza : piccola, silenziosa, mimetizzabile, facilmente giustificabile. Io frequentai la scuola media Pio Ics per tre anni e furono tre anni di guerra. I professori avevano tentato in tutti i modi far cessare la guerra del riso : minacce, sospensioni, bocciature, tutto inutile. Non c'era niente da fare, rimanevano sempre dei focolai endemici, soprattutto negli ultimi banchi, dalle parti di Beppe Cian, anche nei momenti di calma piatta, praticamente ogni 15, 20 minuti si sentiva un sibilo soffocato : Ciufff... e il chicco di riso andava a bersaglio. Ogni tanto, senza alcun preavviso, su questo sfondo endemico, si accendevano delle sporadiche battaglie ferocissime alle quali tutti partecipavano con le loro armi. Allora sfrecciavano chicchi di riso in tutte le direzioni, sembravano i traccianti delle mitragliatrici. Bisognava introdurre in bocca una grossa manciata di riso e spingere all'interno della piccola "caneta" quanti più chicchi possibile. In quelle occasioni, data la foga della lotta, non si badava più nemmeno ai professori che rimanevano impotenti spettatori. Una volta, dopo una delle battaglie più feroci e virulente, entrò in classe il preside in persona e, a causa del gran quantitativo di riso e di saliva che formavano come una patina sul pavimento, scivolò e cadde a terra. Quella volta andò su tutte le furie e disse : " Non pensate ai moretti dell'Africa che muoiono di fame, voi che sprecate inutilmente tutto questo riso?."... " Ficenti..." aggiunse dopo qualche secondo. La guerra del riso dopo vari tentativi di repressione fu tollerata. Quando arrivava qualche supplente e si scandalizzava per quei continui ciufff... ciuff... , il preside consigliava loro la lettura del Gattopardo Ancor oggi penso si stia combattendo questa dura guerra tra i banchi della scuola media statale Pio Ics. C'erano poi decine di altri giochi minori, ad esempio "Cirulìna, cirulàna marcia in tana " gioco che consisteva nel cercare di far entrare in "buca" una piccola pallina di terracotta colpendola con l'indice della mano destra. semplificando di molto i regolamenti di questo gioco, gli inglesi inventarono un gioco molto diffuso anche oggi chiamato Golf. Gli americani invece semplificando infantilmente le regole complicatissime della "Rela" inventarono il Baseball. Rela si giocava utilizzando due pezzi di legno ottenuti dal manico di una scopa : il primo della lunghezza di circa 60 cm era la mazza, il secondo della lunghezza di circa 15 cm appuntito alle estremità era la rela. Il gioco consisteva nel colpire con la mazza una delle estremità appuntite della rela che, in seguito al colpo si alzava in aria e sempre con la mazza doveva essere ricolpita al volo e spedita il più lontano possibile dal battitore. Come unità di misura per stabilire le distanze veniva usata la mazza stessa e se la rela colpiva la facciata della chiesa veniva considerato " fuori campo".
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