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La soffitta
"Facciamo piano, non fare rumore"
Una vecchia soffitta, piena di roba accatastata qua e là, respirava da una piccola finestra che era rimasta semi aperta da tanto tempo. Affacciandosi si scorgeva un cortile piuttosto trascurato con un po' d'erba e due alberelli. La soffitta faceva parte di un grande appartamento: lassù andava a finire tutto quello che non veniva utilizzato in casa. Vecchi mobili, giocattoli di bambini ormai cresciuti, vestiti protetti da sacchi di plastica, una culla di legno e ogni oggetto che sembrava di troppo ma da cui allo stesso tempo era difficile separarsi. Vi si accedeva salendo una lunga scala stretta, dai gradini alti. Una porta all'inizio della rampa rendeva l'accesso più misterioso." Bambini non andate in soffitta: potreste farvi male; c'è polvere e forse anche qualche topolino". Una frase che sortiva l'effetto contrario! Come due banditi, entravamo in azione approfittando del pisolino pomeridiano.
Una volta aperta la porta dopo aver fatto scorrere il chiavistello, facendo attenzione a non farsi sentire, ci si trovava davanti ai primi gradini che erano sempre parzialmente occupati da oggetti che rendevano difficoltosa la salita. Un sacco pieno di chissà cosa e un'enorme pompa meccanica per liberare gli scarichi otturati. Uno spruzzatore di DDT con un sistema a stantuffo era posizionato in modo da non poter essere raggiunto da mani inesperte. La luce della scala si accendeva girando un interruttore in ceramica posizionato piuttosto in alto per le braccia di un bambino. Appese ai muri trecce d'aglio e cipolle nelle retine contribuivano a ridurre lo spazio. Tutto questo, inutile dirlo, rendeva l'impresa più interessante e la conquista della soffitta uno dei passatempi più allettanti. Ogni gradino superato, allontanava dal mondo reale, dalla sicurezza, proiettando verso sensazioni legate al passato. La scala non era ancora finita ma, già voltandosi indietro e guardando in basso, la porta sembrava lontana.
"Non avere paura, andiamo".
All'ingresso della stanza c'erano delle casse piene di bottiglie, usate per conservare il pomodoro fresco: erano quasi nascoste da alcune coperte. La luce era poca e l'aria sapeva di stantio. Il tetto basso lasciava intravedere qualche piccola crepa e alcune macchie di umidità. Gli oggetti erano a disposizione anche se risultava difficile pensare di muovere qualcosa dalla sua posizione: tutto sembrava riposare. Rimasti passivamente ad esistere, seppur addormentati. Staticamente presenti; testimoni... della vita! Era come essere passati in una dimensione onirica, un salto temporale. A pochi passi dalle certezze regnava il silenzio e il mistero dell'apparente abbandono. I nostri occhi scrutavano con attenzione e le orecchie erano tese a percepire qualunque rumore sospetto. Si poteva avvertire un certo timore ed era proprio quella la molla che rendeva tutto più interessante. La voglia di scoprire un segreto nascosto da qualche parte e il gusto del proibito. Nel fascino di quelle esperienze c'era naturalmente la consapevolezza del gioco ma la mistura di questi elementi riusciva a creare emozioni che non sono andate perse.
Un giorno, guardando sotto una sedia che ne reggeva almeno altre due sopra di sè, ci accorgemmo che c'era un oggetto strano: sì... era proprio una trappola per topi. Una trappola a molla. L'avevamo riconosciuta subito perché era tale e quale a quelle dei cartoni animati. "Allora ci sono sul serio i topi qui... che importa... sarà un topolino curioso come noi, che viene a fare un giro in cerca di un cuscino comodo." E questa?" Una grande scatola dal coperchio variopinto aveva attirato la mia attenzione.
"Guarda, guarda cosa ho trovato" "Sono loro?" "Sì... é il nonno... e anche la nonna" "Anche loro sono stati bambini" "Sì, come noi". Un tuono... poi un altro ruppero il silenzio, seguiti da uno scroscio di pioggia sempre più presente. "Torniamo giù adesso, prima che si sveglino".
Scendemmo i gradini piano, cercando di non urtare niente e intanto avevo l'impressione di potere essere risucchiato su da una forza invisibile, mentre i peluzzi si rizzavano.
Mia sorella stava davanti a me, non volendo rimanere indietro e quindi era la prima a tornare nel "mondo reale". Oltrepassata e richiusa la porta eravamo di nuovo "a casa": tornati sani e salvi dalla nostra missione.
La soffitta non esiste più: al suo posto tanto spazio guarda al futuro, affacciandosi in una casa che conserva ancora alcuni di quegli oggetti impregnati delle nostre sensazioni. Una cameretta moderna, piena di giochi e pupazzi, fa parte di quello spazio: presto una bambina saprà dei suoi bisnonni, dei nostri giochi e di una soffitta magica.
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