La nostra fantasia è come un secondo cervello, libero da qualsivoglia inibizione; un'essenza pensante e autonoma che fa parte di noi ma si dimostra talmente ovattata e indecifrabile da vanificare ogni tentativo di totale controllo del suo funzionamento. Ogni tanto ci capita di perdere la bussola: le angosce si sommano alle fatiche, ci sentiamo esauriti e a corto di ossigeno, vorremmo per un attimo espellere tutto il veleno e riempirci di luoghi ed eventi che sappiamo inutili, se non impossibili, ma necessari a donarci ristoro... è allora che lei, la fantasia, decide di prendere il sopravvento, aprofittando del nostro totale rilassamento, indotto dalla stanchezza. Forse essa è come un vaso che si riempie fino all'orlo e, come noi, necessita inevitabilmente di sfogarsi, inondarci di visioni costruite nell'ombra e troppo a lungo represse, o è invece desiderosa di consolarci. Intenzionalmente o no, questo invisibile pilota automatico si dimostra altruista. Si potrebbe materialmente immaginarla come un ponte quieto e infinito all'interno della nostra mente schizofrenica, in grado di superare ogni confine e trasportarci lontano. Costruisce per noi situazioni estatiche e mondi plasmati secondo il nostro ideale di sommo piacere e pace assoluta, dove vorremmo trascorrere fisicamente anche solo una manciata di secondi. Queste dimensioni, dalla bellezza indescrivibile, vengono create prendendo in prestito, si direbbe casualmente, alcuni ricordi accumulati dalle misere e fin troppo terrene percezioni che adoperiamo giornalmente per non perderci. Se infatti viviamo dibattendoci in un intrico di metallo e cemento, è pur vero che in mezzo a tutto questo caos siamo talvolta in grado di trovare piccoli tesori, sensazioni e profumi che, messi accuratamente da parte, costituiranno in seguito i mattoni del nostro rifugio spirituale, dove nulla è fuori posto e riusciamo ad accettare definitivamente noi stessi.