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Realtà Altra

Certe volte ho la sensazione di vivere non in un'epoca di mezzo, bensì nell'età di mezzo di un'altra epoca di mezzo. Non so se mi spiego.
È una situazione strana, quella che contraddistingue questi giorni: l'atmosfera è carica di presagi, come se da un minuto all'altro potesse accadere qualcosa, come se fosse questione di attimi, prima dello scoppio della rivoluzione, prima che la bomba esploda e ci travolga tutti.
Lo ripeto, non so bene come spiegarmi. È una situazione parecchio bizzarra.
Siamo tutti, e dico tutti, in attesa, non sappiamo bene di cosa, né come. Sappiamo solo che arriverà. Che qualcosa accadrà.
Mi guardo allo specchio e mi scruto negli occhi. Se non mi conoscessi, se fossi un'altra persona e mi incontrassi per strada, non saprei interpretare quell'espressione dubbia che mi incide il volto, proprio sotto il ciuffo fulvo di capelli che mi pende dalla fronte.
Ma io so che cos'è. È paura, è apprensione. È attesa. Ansia. Forse persino curiosità.
Sono passati pochi giorni dal fatto. Da quel giorno assurdo e banale allo stesso tempo che ha scombussolato la nostra esistenza, la vita di questo mondo.
E tutto è iniziato con un frase assurdamente semplice. Nient'altro che una professione di ateismo. Nient'altro che l'atto di un uomo che si rende conto che, al di là del velo, molto probabilmente non c'è nulla e che, se proprio ci fosse qualcosa, lui non lo scoprirà mai; che ogni tentativo dell'uomo di cercare di immaginare una realtà ultraterrena non è altro che una chimera, un'illusione.
Nient'altro che questo: un uomo, un piccolo uomo, che in tutta sincerità ammette: "Dio probabilmente non esiste. Se esiste non è come lo abbiamo sempre tramandato. Cercatevi la vostra verità personale da soli".
Peccato che a quel piccolo uomo, proprio a lui, fosse toccato di indossare i panni di Papa della Chiesa Cattolica, alle soglie del nuovo millennio.
Così, così, il mondo era naufragato nel pantano più totale. Nella disperazione.
Ah, inutile rifletterci ancora a lungo. Quel che è stato è stato e non lo si può cambiare.
E ad essere sinceri a me questa situazione piace, davvero, sì.
Chi è che ha detto "Questa tensione è insopportabile, speriamo che duri"?
Basta. Esco.

(Osserviamo dall'alto la città senza nome immersa nell'oscurità. Osserviamo l'uomo e i suoi capelli rossi fuoriuscire da un uscio come un altro, in una casa come un'altra. Passare per una strada uguale a tante altre strade del suo mondo. Guardiamolo ancora con discrezione nel suo cammino di avvicinamento ad una meta a noi sconosciuta. Ridiamo mentre si affanna. Mentre a passi cadenzati si avvicina ad un'altra porta, questa un po' diversa da quella di prima. Diverso il colore almeno. Il resto noi non lo notiamo, da qua in alto, al di sopra della città. Ora tutto si fa buio. E sullo schermo del nostro Game Boy compare una scritta, in una lingua a noi sconosciuta. Dalla barretta orizzontale al di sotto della scritta che man mano si riempie e si svuota intuiamo che il gioco si sta caricando. Ancora pochi secondi e...)

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